“Questo libro ci consegna storie, volti, persone. Ci consegna la realtà di tante donne costrette a vivere nell’ombra: ombra dei luoghi e delle situazioni, ma anche ombra: ombra dei luoghi e delle situazioni, ma anche ombra dei diritti negati, dei pregiudizi, dell’indifferenza. Ombra del ricacciare il più possibile lontano ciò che, si dice, turba il “decoro” della città, eppure dovrebbe turbare prima di tutto le nostre coscienze”.
Queste le parole scritte da don Luigi Ciotti per introdurre il libro VITE CLANDESTINE -frammenti, racconti e altro sulla prostituzione e la tratta di esseri umani in provincia di Napoli, frutto di un lavoro collettivo portato avanti da diversi cooperatori sociali in territorio campano e curato da Andrea Morniroli, responsabile della supervisione dei servizi sulla tratta e la prostituzione della cooperativa Dedalus di Napoli.
Il libro è stato presentato ieri presso la sede nazionale di Legacoop. Presenti Paola Menetti, Presidente nazionale LegacoopSociali, Lella Palladino, Presidente della Cooperativa Sociale EVA Onlus, Giovanni Sgritta, Docente di Sociologia all’Università La Sapienza di Roma, il curatore del libro Andrea Morniroli e Giacomo Smarrazzo, del Comitato di Presidenze di LegacoopSociali.
Smarrazzo definisce questo libro il frutto di un’esperienza sul campo, nata dalla voglia di capire, indagare sui meccanismi che impattano sulla marginalità. L’approccio utilizzato non è specifico, l’obiettivo non è tanto quello di indagare sul lavoro con i discriminati, gli esclusi, ma piuttosto analizzare il fenomeno della prostituzione in un quadro più generale e di sicuro più complesso.
Si parte delle esperienze di vita nei quartieri partenopei, si tenta di indagare sulle cause per poi arrivare a proporre non solo delle soluzioni di riparazione al danno, ma anche di riduzione e mediazioni dei conflitti insorti, per far crescere i soggetti interessati e il territorio che li accoglie.
Quali sono dunque le cause, le origini di questi processi di isolamento e marginalizzazione che il nostro paese sta affrontando?
L’intervento del professor Sgritta parte da questo interrogativo e il percorso che porta ad una possibile soluzione parte da tempi ben lontani dai nostri. Per capire il nostro presente dobbiamo partire dalla Rivoluzione Industriale. Il conflitto che agita quel processo è di tipo sociale: la classe dei produttori contro la classe operaia.
Alla base un interesse convergente: il conflitto riguardava infatti la distribuzione del prodotto / profitto. Lo stato sociale conseguente rappresenta un tentativo di soluzione a tale situazione, un tentativo di compromesso tra il mercato, la democrazia e la solidarietà. Il conflitto rimane, ma viene controllato dalla politica.
Con la crisi globale tutto questo viene meno perchè il conflitto si estende al di là dei territori nazionali, così come la produzione. L’economia diventa finanza.
Le istituzioni territoriali non sono in grado di stemperare, ridurre il conflitto. Con il liberismo vengono meno le politiche sociali e si assiste ad una sempre più marcata divisione tra economia, società e politica.
In una società sempre più atomizzata e frammentata il conflitto di classe non ha più senso di esistere. A rappresentarci ormai non sono più i rapporti economici, ma bensì i nostri diritti. Gli immigrati rappresentano una delle categorie di diritto più ambigue nel nostro paese: seppur base fondante del nostro sistema economico, vivono sospesi tra la legalità e l’illegale, spesso non potendosi neanche esporre per chiedere ciò che di diritto gli spetterebbe. Ad aggravare la situazione ci si mette anche la politica che sempre più cerca di creare consenso sulla paura del diverso, alimentando l’idea della necessità di una comunità chiusa.
In questa veste, i servizi sociali adempiono alla funzione di contenitori dei conflitti, di gestione assistenziale degli stessi, innescando gli stessi meccanismi che li producono. Una sorta di pronto soccorso “idraulico”.
L’incapacità delle istituzioni di affrontare le questioni di un territorio e il tema centrale dei diritti sono alla base, secondo Morniroli, non solo di questo libro, ma del lavoro stesso dell’operatore sociale.
Le persone vengono viste sempre più come merci, occasioni di profitto, numeri. E questo avviene nel legale, come nell’illegale. Questo libro vuole ridare volti, nomi, aspetti alle persone che racconta attraverso la loro stessa voce.
Per far capire quanta diversa umanità c’è dietro l’etichetta prostituta – prostituto.
C’è anche un altro aspetto analizzato nel testo, il quale spesso non viene considerato: la domanda. La curatrice della sezione, Lella Palladino, ne spiega le ragioni: nel mercato del sesso il consumatore tende a sparire ed è difficile avvicinarsi a questa faccia della medaglia non solo per ragioni antropologiche, ma soprattutto emotive. Spesso chi cerca di indagare sui clienti è accusato di essere pressapochista o troppo leggero.
Ciò che sottolinea Palladino è come il discorso sulla domanda non sia disgiunto da un più generale discorso sui conflitti di genere. E se la cultura di superficie, dominante promuove l’idea della donna come merce, ciò non può che riflettersi sulla cultura “nascosta”, creando sempre più un’asimmetria tra i sessi.
Un libro complesso dunque, che prova a guardare il fenomeno della prostituzione con diverse facce e da diverse finestre. Per far conoscere e capire i chi e i perchè, per animare una coscienza critica non solo negli operatori, ma nella comunità stessa.
A conclusione del suo intervento Morniroli Paolo VI: “Siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia perché non si offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia“.