NIDI A ROMA: COME COMPLICARE LA VITA ALLE FAMIGLIE E SMANTELLARE UN SERVIZIO D’ECCELLENZA

Il Comune di Roma ci narra come un successo la chiusura di 4 asili nido, 594 posti vacanti nei nidi a gestione diretta e un numero non precisato, ma sicuramente consistente, nei nidi convenzionati (ad ottobre 2017, in tutto, restavano 2.349 posti vacanti)

Molti genitori restano sconcertati quando vengono a conoscenza che nei nidi comunali di Roma rimangono ogni anno dei posti vacanti. “Come è possibile? A me risulta che ci siano liste d’attesa chilometriche e perciò sono costretta a rivolgermi al privato che mi dà meno garanzie di qualità” – dice Dalila, mamma di un bambino di un anno e mezzo.
Si, è possibile, ed è confermato dalla delibera n. 46 della Giunta capitolina di pochi giorni fa. Ad oggi, infatti, sono 594 i posti rimasti vacanti, considerando solo i nidi a gestione diretta. Prendendo in considerazione anche i nidi comunali a gestione indiretta, i posti vacanti sono un’enormità: ad ottobre 2017 restavano complessivamente 2.349 posti vacanti su poco meno di 22.000, stiamo parlando del 14%.
Il Comune considera questo dato come un successo, così come la chiusura di 4 nidi in convenzione che rappresentavano l’eccellenza del sistema integrato di Roma e che determineranno inevitabilmente il licenziamento collettivo per circa 100 educatrici, con un ulteriore aggravamento della situazione occupazionale della Capitale. “Oggi l’Amministrazione Municipale porta a casa una piccola grande vittoria!” – scrive infatti su Facebook Roberta Della Casa, Presidente del IV Municipio, in merito alla chiusura dei 4 nidi in convenzione.
Nonostante l’esperimento portato avanti nell’anno scolastico 2017-2018 non abbia riscontrato favore presso l’utenza e presso gli stessi operatori del sistema in convenzione, che hanno visto pericolosamente messi a rischio numerosi posti di lavoro, la Giunta capitolina conferma gli orientamenti previsti dalla delibera n. 49 del 30 marzo 2017, relegando di nuovo i nidi in convenzione ad una scelta di quarta fascia per le famiglie romane.
Di fatto le famiglie vengono disincentivate nell’iscrizione ai nidi pubblici e inevitabilmente dirottate verso strutture private spesso abusive e/o prive di controlli adeguati: la conseguenza è che gli iscritti all’asilo nido comunale o in convenzione risultano anche per l’anno in corso inferiori ai posti messi a disposizione. A fine settembre 2017 le domande di iscrizione sono state 14.776: 434 in meno rispetto al 2016 e ben 4.725 in meno rispetto a quattro anni prima. Le domande si sono quindi ridotte del 22% in tre anni. Si potrebbe pensare che il tasso di natalità possa aver influito ma, in realtà, dal 2014 al 2016 le nascite sono diminuite solo del 4,5%. Quindi, il calo delle iscrizioni non è proporzionale alla riduzione delle nascite.
Invece di invertire la rotta e puntare a politiche in grado di aumentare le domande, visto che i bambini iscritti all’anagrafe 0-3 anni nel 2017 sono circa 69.000 mentre gli scritti al nido sono solo 14.776, la Giunta capitolina non torna sui suoi passi, fatta eccezione per quelle categorie considerate più fragili: in caso di disabilità di un genitore o di uno dei figli appartenenti al nucleo familiare, è possibile per la famiglia dare priorità di scelta ad un nido in convenzione.
Paradossalmente è lo stesso Comune, nella recente delibera, ad affermare che il nido convenzionato potrebbe rappresentare per le famiglie una scelta “più idonea”. Più idonea da un punto di vista degli orari, della distanza, della flessibilità, della dotazione infrastrutturale, del metodo pedagogico, della relazione instaurata con le educatrici.
È evidente come si stia facendo un passo verso la direzione che, ancora una volta, non tiene minimamente conto delle esigenze di tutte quelle famiglie che dovranno fruire del servizio.
Come se non bastasse, la delibera sancisce la chiusura 4 nidi in convenzione dando un ulteriore colpo all’esperienza del sistema integrato romano dei servizi educativi per i bambini 0-3 anni, che oltre ad offrire opportunità educative capillari e di qualità nella città, ha consentito di realizzare una delle esperienze di imprenditoria sociale a prevalenza femminile più riuscite degli ultimi anni.
Invece di chiudere esperienze consolidate e apprezzate, mandare a casa giovani lavoratrici e limitare di fatto la libertà di scelta delle famiglie, una città amica delle bambine e dei bambini avrebbe dovuto favorire il più possibile l’accesso al servizio integrato che, pur essendo composto da gestori privati a complemento della gestione diretta del Comune, offrono un servizio Pubblico.
Nella “Indagine sulla qualità della vita e dei servizi pubblici locali a Roma”, redatta dagli stessi Uffici di Roma Capitale nel luglio 2017, vengono evidenziati due dati molto interessanti: più del 76% del campione dice di non conoscere il servizio asilo nido e la maggiore criticità riscontrata dagli utilizzatori del servizio riguarda l’Accessibilità (25,9%). L’accessibilità rappresenta quindi un elemento critico di profonda rilevanza. La decisione delle famiglie di aderire al servizio e l’individuazione della struttura da frequentare è una scelta complessa che risulta dalla sintesi di molti fattori: il nido non rappresenta un servizio qualsiasi ma è, principalmente, un luogo di relazioni.
Dal punto di vista economico il nido non è considerato un “bene di prima necessità”. La domanda del servizio è estremamente variabile (in termini economici si definisce elastica) rispetto alle condizioni dell’offerta. Più aumenta il prezzo e/o l’offerta si riduce in termini di opzioni, più la domanda si riduce e/o si orienta verso strutture (spesso abusive) più flessibili e che praticano prezzi “stracciati”.
Risulta dunque chiaro l’obiettivo politico di questa amministrazione che, contrariamente a quanto dichiarato in campagna elettorale, insiste nello smantellamento del sistema integrato confondendo l’efficienza con l’efficacia e l’autorità con l’autorevolezza, lavorando in maniera autoreferenziale, perdendo di vista l’obiettivo del 33% di iscritti al Nido (0/3) entro il 2010, che la città aveva recepito con la Strategia di Lisbona 2000, e le ricadute del raggiungimento dell’obiettivo stesso su tutta la società e sulle donne in primo luogo.
Dopo due anni di battaglie da parte delle famiglie e degli operatori è ormai difficile sperare in un’inversione di tendenza da parte dell’Amministrazione comunale. Quando si trattano le persone da numeri e l’unico obiettivo è collocarle nella giusta colonna di un foglio Excel, il futuro non può riservare niente di buono.