Il lavoro: un problema, un obiettivo, uno strumento per far vivere la dignità delle persone. Comunque un valore, fondamentale per la cooperazione. Nel cammino verso il Congresso della prossima primavera, Legacoop ha voluto dedicare una tappa a questo tema. Una Direzione aperta che, sotto la regia del vicepresidente Luca Bernareggi, ha visto due relazioni importanti dei professori Pasquale Tridico e Alessandro Hinna, oltre ad un ricco confronto da parte di una platea attenta.
Pasquale Tridico, docente di Economia del lavoro dell’Università di Roma Tre, è segretario generale dell’European Association for Evolutionary Political Economy (EAEPE) e, in un primo momento, era stato indicato dal Movimento 5 Stelle come ministro del Welfare. In Legacoop ha aperto il proprio intervento citando Pertini, secondo cui “occorre una lotta per il lavoro e non una lotta di classe fine a se stessa” e ricordando come la cooperazione sia il luogo in cui può avvenire la conciliazione tra capitale e lavoro.
“Anche se non è molto studiata dagli economisti – ha ricordato – la cooperazione è il mondo in cui il lavoro è più produttivo e regge meglio alla crisi. Non è avvenuto ovunque – in Spagna, ad esempio, ha subito una flessione – ma in Italia mentre nelle imprese di capitale scendeva, l’occupazione ha continuato a crescere anche durante gli anni he ci stiamo lasciando alle spalle”. Ma gli anni della crisi, per Tridico, sono stati soprattutto quelli nei quali il Paese ha perso un’occasione importante per riformare il capitalismo, puntando principalmente sull’austerità.
“Dal 1995 ad oggi l’Italia è il Paese che ha allargato più la forbice tra quel che ha tassato e quel che ha speso, al netto degli interessi sul debito e questa austerità ha peggiorato i consumi. Altra occasione persa è stata la stagione delle privatizzazioni, durante la quale non si è parlato mai di “mutualizzazione””. Ora la trasformazione digitale offre altre possibilità, che devono essere colte: “Se Foodora se ne va dall’Italia – ha proposto provocatoriamente – perchè la cooperazione non prova a prendere il suo posto, ricomponendo le fratture che caratterizzano queste situazioni lavorative?”.
Oggi con il declino dei sindacati le disuguaglianze aumentano: “Nel 1960 chi stava al vertice guadagnava in media 20 volte il salario medio di quel settore, oggi siamo saliti a 600 volte. Il rischio è che sempre più spesso i giovani pensino che per migliorare la propria posizione vale più “sposare la figlia del barone”, come diceva uno scrittore francese, che investire su di sè. Dobbiamo invertire la ruota: da politiche che puntano a diminuire il costo del lavoro, con investimenti a scarsa intensità di capitale, a investimenti ad alta intensità di capitale che hanno bisogno di persone formate e di lavoro stabile, di accumulazione del capitale umano, che disincentiva la sostituzione in quanto onerosa”.
“In questi anni – ha spiegato dopo di lui il professor Alessandro Hinna, docente dell’Università La Sapienza nonchè presidente del Consiglio di gestione del Consorzio Nazionale Servizi di Legacoop – la cooperazione è stata ferma mentre quelli che definivamo ‘diversi da noi’ sono andati avanti e oggi non sembrano più così diversi”. E questo appanna pesantemente l’identità cooperativa. Un discorso che vale dal welfare aziendale alla responsabilità sociale d’impresa.
“Anche sul tema della partecipazione – ha spiegato Hinna – tante imprese di capitale si stanno muovendo: i fini sono diversi ma a volte la differenza non balza così all’occhio, come è difficile distinguere a volte tra responsabilità sociale d’impresa e mutualità esterna”. Prendiamo il tema del ricambio generazionale, che fallisce nell’83% delle Pmi, con il patto firmato in Luxottica per favorire l’ingresso ai giovani, dando un ruolo anche a chi da più tempo è in azienda. O, sempre in Luxottica, il microcredito di solidarietà per le esigenze dei dipendenti, sul tema del welfare aziendale. Evoluzioni davanti a cui se la cooperazione sta ferma non può che vedere appannarsi sempre più la propria identità.
Eppure i tratti distintivi, oggettivamente, non vengono meno: “Nelle imprese di capitale ci può essere partecipazione, anche co-decisione ma non si arriva mai alla comproprietà, questo è un tratto nostro“. E a partire da questa distintività si possono costruire risposte ai problemi e alle sfide delle evoluzioni in corso: “Esiste un rischio individuale, ci saranno momenti in cui si resta senza lavoro, periodi di discontinuità: come li sosteniamo?“.
Tutti i cambiamenti, se non sono gestiti e vengono rimossi, non sono risolvibili. Viceversa, anche le insidie che l’economia 4.0 porta per il mondo del lavoro possono diventare opportunità: “Se alcuni lavori sono destinati a tramontare – ha proseguito Hinna – puoi agevolare la sostituzione investendo sulla formazione, per inserire nel lavoro una più alta componente cognitiva. La leadership di costo non tiene, ma il capitale umano può dare un vantaggio competitivo più solido“.
Prima della quarta rivoluzione industriale, ha spiegato il presidente di CNS, le evoluzioni del mercato facevano assumere all’impresa una strategia sulla cui base impostava una organizzazione e sceglieva le persone adatte. Oggi la volatilità del mercato impone un ribaltamento: “Devo cercare di capire cosa so fare meglio degli altri e costruire su quello il mio vantaggio competitivo. Fino a pochi anni fa la differenza era data dalle tecnologie: oggi sono sempre più a basso costo e la differenza è fatta dalle persone“.
Questa evoluzione deve interrogare le cooperative, ma anche l’Associazione: “Le politiche del personale – ha chiesto Hinna – devono restare un problema della singola impresa o possiamo porcelo come tema di sistema? Possiamo creare un sistema di reclutamento comune? Non di selezione, che è compito della cooperativa, ma di reclutamento. Confindustria ha la Luiss: e noi? Possiamo pensare a un luogo dove sviluppare una politica formativa in cui la dimensione valoriale e culturale sia improntata ai tratti distintivi della cooperazione?”.