Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa della Cooperativa aCapo:
Il tribunale civile di Roma dichiara illegittimo il Durc negativo emesso da Inps alla Cooperativa sociale aCapo – già Cooperativa Capodarco – che gestisce in tutta Italia importanti servizi per la PA come, ad esempio, il RECUP del Lazio oltre ai CUP di diverse ASL sul territorio nazionale.
L’INPS dovrà anche rifondere la cooperativa dei 3.284 euro indebitamente contestati. La sentenza, emessa il 14 febbraio scorso, stabilisce che non c’è stata violazione e che la posizione della cooperativa è da considerarsi regolare per tutto il periodo in causa (27/09/2017 – 4/01/2018).
“Termina finalmente una vicenda kafkiana che ha messo a rischio chiusura per una somma irrisoria e non dovuta una cooperativa di più di 1.100 dipendenti, di cui il 34% disabili, – ha detto la presidente Roberta Ciancarelli – e che versa ogni anno 2 milioni di euro di contributi. L’emissione del Durc irregolare per un debito inesistente ha causato l’esclusione della Cooperativa da importantissime gare d’appalto. Parliamo di commesse pubbliche e gare in corso per un totale di 145 milioni di euro, di cui 57 milioni già aggiudicati alla cooperativa. È fondamentale – continua Ciancarelli- che oltre ad accertare la nostra piena regolarità contributiva, il giudice abbia chiarito anche l’illegittimità del provvedimento. Non si è trattato infatti di semplice errore da parte dell’Inps ma di un procedimento contrario alla legge, che non ha validità. Il giudice pertanto ha annullato il Durc e questo dovrà necessariamente portare le amministrazioni che hanno escluso aCapo da appalti e gare a trarre le dovute conseguenze. Ci attendiamo ora – conclude Ciancarelli – un atto di responsabilità da parte di tutte le amministrazioni interessate: annullino i provvedimenti di esclusione che, ora è certo, non avevano e non hanno alcuna ragion d’essere”.
La sentenza civile arriva dopo un anno e mezzo dall’accertamento dell’irregolarità. Un periodo nel quale la cooperativa, che nel frattempo ha cambiato ragione sociale in aCapo, ha cercato inutilmente di chiarire con l’ente e con le stazioni appaltanti l’inconsistenza della questione, ricorrendo anche sul piano amministrativo. Tutt’oggi è pendente un ricorso al Consiglio di Stato contro i provvedimenti di esclusione ricevuti nei mesi scorsi dalle diverse amministrazioni con gli appalti assegnati nel frattempo ad altre imprese.
La vicenda inizia nell’estate del 2017 con la richiesta da parte dell’allora Cooperativa Capodarco di vedersi restituire dall’INPS di Frosinone 372mila euro di crediti. Da questo contenzioso scaturiscono verifiche che portano l’agenzia a riconoscere un ulteriore credito di 24mila euro. A questo punto, però, l’ente riscontra il mancato versamento di 3.204 euro: scambia un credito per un debito.
Il problema si è poi spostato su un passaggio tecnico che nulla aveva a che fare con la regolarità dei versamenti della cooperativa, dovuto al mancato inserimento di un codice fiscale che aveva generato un’ipotetica “squadratura”.
Per l’avvocato Adalberto Perulli, che ha assistito in giudizio la cooperativa aCapo: “Possiamo parlare di una sentenza esemplare, molto ben motivata, con la quale il giudice del Lavoro ha finalmente accertato la piena regolarità contributiva e la correttezza del comportamento di aCapo in tutta questa vicenda, accogliendo in pieno le nostre ragioni. Oggi si chiarisce un punto fondamentale: l’Inps non può paralizzare le imprese per errori o irregolarità meramente formali come se si trovasse di fronte a pericolosi evasori, ma deve considerare la regolarità sostanziale. L’Inps non può giustificare i propri atti sulla base di circolari interne, che non sono fonti di diritto, ma deve attenersi alle previsioni di legge. L’Inps, in questa vicenda, si è trincerata dietro l’impossibilità di verificare la regolarità contributiva della cooperativa a causa delle caratteristiche tecniche e informatiche del proprio sistema. Oggi tutto questo viene sconfessato da una sentenza che rappresenta un indubbio passo in avanti sul fronte della difesa delle imprese e del diritto all’accertamento della loro regolarità contributiva”.