DAD, acronimo di didattica a distanza, è una delle parole più ricorrenti negli ultimi mesi poiché coinvolge, a causa della pandemia da Covid-19 in corso, circa 6 milioni e 875 mila studenti su un totale di 8 milioni e 506 mila complessivi.
Bambini e ragazzi che non possono recarsi in aula e che, da oltre un anno, vivono l’istruzione e l’esperienza del mondo scolastico dietro a uno schermo.
Oltre al riadattamento, al disagio e alla riorganizzazione messi in campo dalle famiglie, esistono realtà meno note alla cronaca ma altrettanto importanti che hanno dovuto riorganizzare spazi e routine. Parliamo delle case famiglia per minori e in particolare della Casa Famiglia La Chiocciola che, a Labico, in provincia di Roma, accoglie minori, di entrambi i sessi, della fascia d’età compresa tra 0 e 12 anni.
“La Casa Famiglia La Chiocciola nasce a fine 2017 dall’incontro tra la Cooperativa Aelle Il Punto e Veronica Podagrosi, coordinatrice della struttura, che ha lavorato per creare questa realtà rivolta a bambini affidati dai Servizi Sociali o dal Tribunale dei Minori e che vengono allontanati dalle famiglie per motivi gravi come episodi di violenza o incuria. La nostra struttura li accoglie con l’obiettivo di creare un percorso di sostegno, in un ambiente confortevole e adeguato all’età e ai loro bisogni” – afferma Linda Fiocco, responsabile de La Chiocciola.
Le case famiglia sono realtà nelle quali, grazie a progetti personalizzati sulla storia e le caratteristiche del bambino, gli operatori seguono i minori in un percorso di crescita, fatto di impegni scanditi, di una routine, con lo scopo di offrire loro la possibilità di rinforzarsi per affrontare il mondo e un ritorno a casa.
“La nostra equipe, oltre ad accogliere i ragazzi, cerca di trasmettere loro il concetto di cura non solo della persona ma anche di tutte le necessità di cui hanno bisogno. Spesso i bambini arrivano da noi in uno stato di degrado, non lavati e non curati, non sanno cosa sia l’igiene dentale, ad esempio. Insegniamo loro ad avere cura del loro corpo e garantiamo cure mediche: ogni bambino viene affidato ad un pediatra che ci indirizza sui controlli e sulle visite mediche da eseguire. I bambini, inoltre, non appena arrivano nella struttura, vengono iscritti a scuola garantendo loro lo studio e la didattica. La routine è fondamentale per la loro serenità e nei periodi precedenti al Covid-19 si componeva anche di attività extra scolastiche, scelte in base ai loro desideri e alle loro inclinazioni. Lavoriamo molto sul territorio e in rete e i bambini seguono corsi di musica, di nuoto o atletica. Gli operatori, nel nostro caso otto, si prendono cura di loro, dalla mattina alla notte.”
Questa routine, che si basa su momenti di gioco, di didattica e di condivisione, a causa del Covid-19 e delle restrizioni richieste ha subito alterazioni generando riorganizzazioni, riadattamento e spesso disagi.
“Nel primo lockdown – continua Fiocco – abbiamo organizzato le giornate in questo modo: i bambini si svegliavano, facevano colazione e iniziavano la didattica. Al pranzo seguiva il riposo pomeridiano, i compiti, la ginnastica, le attività ludiche, per finire con la cena e le attività serali come il giocare insieme o il guardare la televisione. Nel primo lockdown avevamo bambini più grandi e la didattica a distanza è stata più semplice da gestire. Nel secondo periodo di chiusura sono emerse maggiori problematiche poichè stiamo gestendo anche bambini più piccoli che frequentano la scuola primaria. Possiamo dire che la scuola è stata molto disponibile – afferma ancora la responsabile – perché ci ha fornito tutti i supporti informatici. Ogni bambino ha avuto il suo computer per seguire le lezioni. Il grande problema per noi è stata la copertura internet: connettersi con dieci computer contemporaneamente ha creato importanti disagi, la connessione che saltava e i bambini che non riuscivano a seguire con facilità. Abbiamo gestito otto bambini piccoli e quattro con sostegno che necessitano di un rapporto “uno a uno”. Tutto questo ha creato un disagio enorme e per sopperire a questa problematica è stata necessaria la presenza di otto operatori in contemporanea, quando in generale i turni sono gestiti da tre professionisti.”
I problemi emersi, quindi copertura internet e la necessità di seguire i bambini con problemi di apprendimento in un rapporto “uno a uno”, hanno richiesto una riorganizzazione della didattica a distanza. “La soluzione alla quale abbiamo pensato – continua Fiocco – è stata il richiedere alle maestre i programmi scolastici per gestirli in autonomia. Questo ci ha permesso di ovviare al problema della connessione in contemporanea e di offrire ai bambini una didattica dedicata e personalizzata, come è giusto che sia. Per i bambini che hanno bisogno del sostegno ci siamo organizzati collegandoci in orari diversi con le maestre. Queste problematiche nascono soprattutto per i bambini che frequentano la scuola primaria. Per quelli delle scuole medie è sicuramente più semplice: verifichiamo che siano collegati ma per tutto il resto sono autonomi.”
L’esperienza del lockdown e dell’isolamento richiesto dalla pandemia in corso vissuta in una realtà come la casa famiglia ha portato con sé disagi, necessità di riadattamento ma anche aspetti positivi come la possibilità per loro di stare comunque insieme e di socializzare.
“Nella nostra struttura, anche durante il lockdown, di fatto dieci bambini sono stati insieme, giocando, socializzando e studiando – dichiara Fiocco – La nostra struttura è inoltre dotata di un grande giardino, in campagna, che ha permesso loro di svolgere anche attività all’aperto continuando così a vivere una vita di comunità. Altro aspetto molto positivo è rappresentato dalla possibilità di avere degli educatori a disposizione del bambino, esperti che possono seguirli in termini di didattica e non solo. Da questo punto di vista le attività non si sono interrotte.”
I protocolli Covid-19 adottati anche nelle case famiglia hanno generato ripercussioni anche psicologiche sui bambini, nel rapporto tra di loro e in quello con le famiglie di provenienza.
“Quello che abbiamo notato è che le relazioni tra i coetanei sono diventate più conflittuali a causa dello stare troppo tempo insieme. In una routine normale, quando i bambini vanno a scuola e hanno le loro attività da seguire, questo non avviene. Anzi, succede il contrario: tornando a casa, hanno voglia di rivedersi. Inoltre sono aumentate le problematiche psicologiche legate al rapporto con le famiglie. Per via dei protocolli Covid adottati, sono diminuiti gli incontri con le famiglie e le ore di incontro. Durante il lockdown sono state svolte, per lo più, video chiamate e i bambini hanno patito molto questo ulteriore allontanamento dalle famiglie e lo hanno esternato con atteggiamenti di rabbia e pianto o con episodi di enuresi notturna. In altri casi, invece, l’allontanamento dalle famiglie è risultato positivo e ha generato dei miglioramenti nei bambini, originando in loro maggiore tranquillità. Alcuni bambini hanno riferito che questa “pausa” ha permesso loro di riflettere di più su loro stessi.”
La gestione della vita nella casa famiglia è generalmente improntata su un rapporto in dialogo con il mondo, con il territorio e non chiuso all’interno della stessa e l’aver interrotto tutte le attività che i bambini svolgevano ha generato non poche preoccupazioni.
“Abbiamo dovuto chiuderci e non mandare più avanti i progetti svolti all’esterno e ritagliati sul bambino e sulla sua crescita. Cerchiamo di offrire loro tutti gli strumenti utili per affrontare il mondo e per rinforzarli e, questo percorso, passa anche dalla socialità e dai corsi che seguono. Il Covid-19 ha ridotto tutto questo, mettendo a dura prova questo tipo di percorso, negando la possibilità di realizzare progetti. Ad esempio, le terapie come le logopedie o le psicoterapie si sono interrotte o rallentate. Il mondo ha ridotto i ritmi ma le problematiche di questi bambini non rallentano, non hanno tempo, non possono aspettare. Il nostro timore è il non garantire loro quello di cui hanno bisogno per crescere e strutturarsi.”
Fiocco riporta anche una differente reazione in base alle diverse età dei bambini.
“Sicuramente i bambini più grandi hanno patito di più la mancanza di socialità rispetto a quelli piccoli. Nella fascia adolescenziale o pre adolescenziale il gruppo è fondamentale e la pandemia sta portando ad un isolamento troppo evidente, che porterà ad altre patologie: i bambini di questa età devono confrontarsi con i pari, solo così possono strutturare il loro carattere. La vita e la socialità non possono svolgersi online, non è sano. I bambini più piccoli si possono gestire più facilmente ma dai 10 anni è tutto più complesso. Credo che l’uomo senza socialità sviluppi malattie sia psichiche e sia fisiche. Stanno infatti aumentando casi di ansia, depressione e di insonnia. Il Covid-19 oramai non è più solamente un’emergenza sanitaria ma sta diventando anche un’emergenza sociale, emotiva e psicologica. Si sta rivelando un dramma sociale.”
Articolo realizzato dalla S.N.M.S. Cesare Pozzo per il blog “MutuaOggi”: https://mutuaoggi.org/case-famiglia-minori-covid-19/