Lavorare duramente a processi di innovazione: è la strada per uscire dall’incertezza del futuro dell’agroalimentare a Roma e nel Lazio tracciata da Massimo Pelosi, Responsabile Legacoop Distretto Lazio Nord, intervistato dopo la Conferenza cittadina sull’agricoltura di Roma. Accolta con favore la creazione del Consiglio del cibo, il lavoro al Piano strategico dell’Agrifood e alla Food Policy di Roma Capitale: strumenti indispensabili per rimettere al centro i prodotti locali della tradizione romana e laziale.
Quale futuro per l’agroalimentare romano e laziale?
Il futuro del comparto agroalimentare romano e laziale, anche a seguito della pandemia, è sempre più incerto soprattutto sul fronte dei consumi alimentari che avranno ripercussioni a breve e medio termine anche sulle stesse produzioni. Sicurezza alimentare, qualità e sostenibilità ambientale a prezzi accessibili saranno le caratteristiche che sempre più dovranno avere i prodotti agroalimentari del futuro. Le aziende del settore dovranno fare attenzione a trend come la sostenibilità ambientale e alle nuove esigenze di consumo. Si tratta di lavorare continuamente alla definizione di processi di innovazione che, molto spesso, nel settore agroalimentare hanno ripercussioni su tutta la filiera. Non sempre le aziende romane e laziali si sono dimostrate preparate: in alcuni settori, principalmente dell’ortofrutta, è necessario andare verso una maggiore aggregazione che riduca ancora di più le intermediazioni e liberi risorse per i processi innovativi. In altri ambiti invece è necessario, in accordo anche con il sistema universitario, lavorare sulla ricerca. Molto importante, da questo punto di vista, il sostegno pubblico attraverso fondi europei (PNRR, PSR su tutti), per aiutare le imprese e i settori che non riescono a stare al passo con il mercato e con le trasformazioni delle abitudini di consumo.
Durante la Conferenza cittadina sull’agricoltura di Roma Capitale è stato annunciato un bando sulle terre pubbliche abbandonate. Perché renderlo una priorità?
Roma Capitale gode di una superficie verde molto estesa ma, allo stesso tempo, presenta una enorme carenza nella gestione e molte superfici non sono ad oggi utilizzate. Il degrado è diffuso, in un momento in cui ogni metro quadro di aree verdi può e deve diventare prezioso per la riqualificazione ambientale ed urbanistica. In questo contesto, le terre pubbliche abbandonate giocano un ruolo centrale. Nella città di Roma sono infatti migliaia gli ettari di terreno pubblico inutilizzato in cui si trovano le grandi aziende agricole comunali, che versano in uno stato di dismissione e abbandono ormai da anni. L’abbandono di questi beni comuni rappresenta in pieno uno dei paradossi economici della città, che va assolutamente superato. Roma non può essere una delle città più verdi di Europa, per molti versi Capitale internazionale del cibo, e al contempo lasciar degradare i suoi tanti terreni agricoli fertili e disponibili. Per invertire la tendenza era necessario un chiaro e concreto impegno dell’Amministrazione a censire e mettere a disposizione, in tempi brevi, le terre pubbliche. A latere, è ovviamente necessario prendere decisioni chiare riguardanti anche le aziende comunali, il cui futuro oggi è incerto. Insieme alla Regione Lazio è possibile ipotizzare una loro nuova sistemazione e riattivazione, con la partecipazione delle cooperative e delle aziende agricole cittadine, valutando ad esempio la pubblicazione di un bando sulla concessione d’uso di Castel di Guido.
Consiglio del cibo, Piano strategico dell’Agrifood e Food Policy: Roma sta cercando di dotarsi di strumenti che favoriscano l’agroalimentare nella Capitale. Quale l’opinione dell’associazione in merito?
Del Consiglio del cibo condividiamo l’approccio sistemico alla materia che ci permette di allargare lo sguardo al complesso intreccio tra sistema produttivo dell’area romana, logistica, reti di distribuzione, con l’obiettivo di costruire una strategia alimentare urbana che metta al centro il diritto al cibo locale e di qualità, sano e sicuro, oltreché l’equa remunerazione del lavoro agricolo. Non nascondiamo che altri temi vadano trattati quali il cambiamento climatico e gli aspetti soprattutto di natura logistica e di approvvigionamento legati al periodo pandemico che stiamo vivendo. Riteniamo che sia indispensabile dotare Roma Capitale di una Food Policy che si fondi sulla promozione del consumo di cibo sano e sicuro legato alle tradizioni romane e laziali; della sostenibilità nel sistema agroalimentare romano; sull’educazione al cibo e la lotta contro gli sprechi come strumento di limitazione degli impatti ambientali e come forma di contrasto alle disuguaglianze sociali ed economiche. Inoltre la nostra Organizzazione ritiene di grande rilevanza e meritevole di considerazione il Piano strategico dell’Agrifood, approvato lo scorso anno da Roma Capitale. Il Piano, redatto in forma partecipata anche con il nostro contributo, lo riteniamo una base importante su cui lavorare relativamente alla Food Policy.
Ha lamentato “una visione parziale dei potenziali luoghi di sviluppo e promozione dei prodotti locali nel dibattito che si è attivato nel Consiglio del cibo”, però.
Sì, come organizzazione che rappresenta le cooperative agricole e agroalimentari della Regione Lazio, nonché con un forte legame ad importanti insegne della distribuzione organizzata, non possiamo fare a meno di rilevare che la discussione è tutta centrata sui mercati rionali, sicuramente luoghi dai quali non si può prescindere e che meritano la giusta attenzione e considerazione, ma non si può negare il ruolo dei supermercati e altre forme di vendita organizzata, che ad oggi rimangono il primo riferimento del consumatore per l’approvvigionamento di generi alimentari. Fatta questa considerazione, si ritiene che nelle discussioni del Consiglio del Cibo di Roma Capitale e nell’elaborazione del Piano Strategico Agrifood un ruolo venga dato anche a questo segmento, come soggetto utile e necessario alla promozione e alla crescita della conoscenza, e conseguente domanda, del cibo locale.
Quale contributo possono dare i supermercati?
Un supermercato deve essere necessaria¬mente legato al territorio e alle abitudini di consumo della realtà in cui è presente. Questo è ancor più vero nell’area romana dove per storia la maggior parte delle cate¬ne distributive ritiene la territorialità un va¬lore, in considerazione del fatto che il con¬sumatore della Capitale da sempre ha avuto sulla propria tavola prodotti della campa¬gna romana. A Roma sono innumerevoli i piatti della tradizione che vengono ancora cucinati all’interno delle mura domestiche e nelle trattorie della Capitale. La cucina ro¬mana è elemento caratterizzante dell’offer¬ta turistica della città e della sua storia. Nonostante nel recente passato in tutto il paese vi sia stata una crescita del consu¬mo del cibo etnico e di prodotti salutistici e spesso poco naturali, i consumi degli ita¬liani rimangono molto legati alla tradizione sia per quanto riguarda i prodotti ma anche e soprattutto in cucina. La GDO, in modo particolare quella cooperativa, rappresentata dai leader di mercato della Cooperazione di Consumo e di Dettaglianti (Coop e Conad), costituisce a tutti gli effetti elemento determinante per chiudere la filiera dei prodotti romani e regionali. La presenza sugli scaffali dei prodotti locali e della tradizione, in modo particolare per Coop, è infatti frutto di una precisa strategia di lungo periodo, che vede un punto vendita legato in modo indissolubile ad ogni territorio.
I supermercati cooperativi hanno un importante ruolo anche nella lotta allo spreco.
Il progetto nazionale per la donazione solidale delle eccedenze alimentari si è affermato in tutte le maggiori cooperative a partire dal 2003, con l’entrata in vigore della cosiddetta Legge del Buon Samaritano e a seguito di importanti esperienze già avviate sul territorio. È nostro obiettivo all’interno del tavolo di lavoro specifico del Consiglio del cibo creare le condizioni per alimentare la rete del Buon fine mettendo insieme i bisogni dei cittadini, la media e grande distribuzione come donatori e la rete delle onlus indispensabile per la distribuzione dei prodotti sul territorio.
Del resto, lo spreco alimentare non è solamente un problema ambientale ma soprattutto etico del nostro tempo. Secondo il Rapporto Coop 2021, in Italia 27 milioni di persone vivono una situazione di disagio economico e quindi di insicurezza alimentare. A fronte di questi bisogni, le dimensioni dello spreco sono insopportabili. Roma Capitale ha previsto, nei propri regolamenti, uno sconto sulla TARI per le aziende della grande e media distribuzione che, attraverso delle onlus, destinano ai più bisognosi i prodotti alimentari invenduti. Grande sensibilità per un lavoro al quale non è mancato il nostro contributo. È necessario far conoscere la procedura per fare in modo che sia realmente incentivata nella grande distribuzione la lotta allo spreco alimentare anche a Roma Capitale.