CERTIFICATO DALLA CAMERA DI COMMERCIO DI RIETI-VITERBO IL DISCIPLINARE DEL MARCHIO TUSCIA VITERBESE SOCIALGREEN

E’ nato il marchio Tuscia Viterbese Socialgreen da un’idea progettuale della cooperativa Alicenova. Approvato il Disciplinare dalla Camera di Commercio di Rieti-Viterbo. Il marchio certificherà il lavoro svolto dalle imprese che operano nell’agricoltura sociale e renderà riconoscibili i prodotti delle aziende che impiegano soggetti definiti dalla Legge 381 come svantaggiati. Intervistiamo il Segretario Generale della Camera di Commercio di Rieti-Viterbo, Francesco Monzillo, su questa buona pratica di branding etico che nasce nel territorio della Tuscia viterbese e che si auspica possa essere replicata presto anche in altri territori, dando vita a una operazione di marketing che offra il giusto riconoscimento sul mercato a chi offre una possibilità di riscatto a ex degenti o soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti, minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, persone detenute… 

L’agricoltura sociale tra Rieti e Viterbo: di quante realtà stiamo parlando e qual è la percentuale di cooperative operanti nel settore? 

Le cooperative agricole sono circa 200 nell’alto Lazio, meno di una decina quelle “sociali” nel senso giuridico del termine anche se non mancano esperienze di responsabilità sociale nell’ambito delle altre tipologie giuridiche.

In che modo la crisi ha colpito queste realtà nella zona?

La crisi non ha interessato queste imprese in misura diversa dalle altre, anzi per la mia esperienza mediamente questa tipologia d’impresa ha reagito meglio rispetto a quelle più dedite al lucro.

Perché nasce questo Disciplinare del Marchio Tuscia Viterbese Socialgreen e perché si ritiene sia fondamentale caratterizzare i prodotti frutto dell’agricoltura sociale, in particolare quelli derivanti dal lavoro di soggetti svantaggiati?

Il disciplinare è nato da un’idea sviluppata con Alicenova per la presentazione di un progetto di inclusione sociale finanziato dalla Regione Lazio. Praticamente l’idea era quella di dare evidenza e visibilità alle imprese che svolgevano attività a sfondo sociale e di inclusione, collegandolo comunque all’eccellenza dei prodotti agricoli, vista la vocazione della provincia di Viterbo.

Solitamente il valore sociale apportato dalle aziende non è molto riconosciuto dal consumatore diretto. O sbaglio? 

Il valore sociale delle iniziative inizia ad essere apprezzato dal pubblico dei consumatori e la tendenza in atto sembra sempre più quella di orientare le proprie scelte di acquisto verso i prodotti delle imprese che investono sul sociale.

Esistono già iniziative simili a quelle del marchio socialgreen? E di cosa hanno bisogno per funzionare e avere un impatto sull’opinione pubblica?

Per quanto riguarda specificatamente l’inclusione abbiamo trovato pochissimi esempi in Italia, mentre è piuttosto evidente che tutte le attività di “responsabilità sociale” stanno crescendo in misura importante. Chiaramente la comunicazione del valore associato a queste attività deve essere un investimento importante e coerente con il core business delle imprese stesse. Comunicazione, promozione e riconoscimento coerente.

Spieghiamo in breve, per le aziende e non solo per le cooperative interessate, quali sono i criteri e quali le azioni per poter ottenere questo riconoscimento?

La licenza d’uso del marchio è concessa alle categorie di operatori economici che nel biennio precedente abbiano impiegato unità lavorative con disabilità o svantaggiate, ma anche quelle che hanno partecipato a progetti o percorsi di AS finalizzate al coinvolgimento in varie forme di persone con disabilità o svantaggiate.

Quante aziende pensa che potranno ottenere la possibilità di avere questo marchio sui loro prodotti?

Sicuramente non parliamo di numeri importanti ma il progetto ha anche il fine di incrementare il numero di imprese che fanno queste attività attraverso un percorso di emulazione e di promozione.

Il progetto Innesto di cui è capofila la cooperativa AliceNova e che ha partorito questa idea, in realtà, ha dato vita a una rete molto fitta: quanto è importante costruire network per le aziende e le realtà del territorio?

Fare network per le imprese a mio parere è fondamentale, o di filiera o trasversali, particolarmente importante per questi territori contraddistinti da dimensioni piuttosto piccole che attraverso le reti riescono ad avere maggiori opportunità, sia nell’ambito della gestione aziendale sia del mercato. Ancora più importante sul versante sociale perché permette di dar vita a sinergie e possibilità di gran lunga maggiori rispetto alle singole individualità.

Di recente una cooperativa associata a Legacoop Lazio ha dato vita alla DMO Etruskey, dando vita a una partnership pubblico-privato per rilanciare il turismo e i prodotti della zona. Tuttavia, è un lavoro tutto in divenire e si riconosce una certa difficoltà nel far decollare il turismo nella zona. Di cosa ha bisogno la Tuscia Viterbese per diventare, come merita, meta turistica d’avanguardia? 

In realtà dal mio osservatorio i passi che la Tuscia Viterbese sta facendo in ambito turistico sono piuttosto importanti, negli ultimi dieci anni (al netto del periodo COVID) lo sviluppo del turismo è stato molto buono, certo che essendo un turismo sostenibile il progresso non può essere tumultuoso anche per carenza di strutture dell’accoglienza. Quindi a mio parere bisogna continuare sulla strada della coerenza con percorsi sostenibili basati sulle nostre caratteristiche, non solo quelle naturalistiche, storiche ed artistiche ma anche su quelle identitarie ed esperienziali attraverso collegamenti importanti con le nostre produzioni, in particolare quelle agroalimentari.

Quanto è importante il marketing territoriale e quali azioni bisognerebbe studiare per valorizzare le imprese che operano nel territorio?

Il marketing territoriale è sicuramente una leva fondamentale in tutte le sue sfaccettature, non solo promozione, comunicazione ed organizzazione di eventi, che chiaramente hanno la loro importanza, ma anche strutturare sempre più l’accoglienza, sia in termini quantitativi che qualitativi, e anche qui diventa fondamentale la politica di networking tra i soggetti pubblici e con e tra i soggetti privati.