Roma, 28 febbraio 2012 – La possibilità di costituire società tra professionisti, introdotta dalla legge di stabilità, è una leva importante per sviluppare l’economia della conoscenza e modernizzare il Paese; ora è opportuno che nella predisposizione dei regolamenti attuativi e nella discussione parlamentare sul decreto liberalizzazioni ci si ponga l’obiettivo di assicurare la massima efficacia al nuovo strumento, costruendo un quadro normativo che dia risposte positive ad alcuni aspetti delicati, quali la necessità di introdurre limiti al peso decisionale dei soci investitori e di favorire la costituzione di società multi-professionali.
A sottolinearlo è Legacoop, che in un convegno sulle società tra professionisti, organizzato il 27 febbraio a Roma, ha illustrato le proprie proposte e presentato le più significative esperienze cooperative già realizzate.
Giunta ad un approdo concreto dopo anni di contrapposizioni accese tra difensori dello status quo e sostenitori dell’esigenza di una modernizzazione, la riforma delle professioni rappresenta sicuramente un elemento importante dell’evoluzione economica e sociale del Paese. In particolare, la società tra professionisti, prima considerata con ostilità o almeno scetticismo, viene ormai riconosciuta anche dai rappresentanti degli Ordini e delle Associazioni professionali.
Ciò non toglie che restino alcuni aspetti delicati e controversi della disciplina, sollevati dagli stessi professionisti ed oggetto della discussione parlamentare sul decreto liberalizzazioni.
Un limite al ruolo dei soci di capitale
Tra questi, senza dubbio, quello dei soci investitori, che potrebbero detenere una partecipazione di maggioranza nelle società di capitali, potendo così condizionare non solo la governance, ma soprattutto l’esercizio autonomo dell’attività professionale.
“Legacoop” -ha sottolineato Mauro Iengo, Responsabile Legislativo dell’associazione- “condivide le preoccupazioni espresse e considera corretta la proposta di introdurre limiti al ruolo dei soci di capitale, in coerenza con quanto già è disposto per le cooperative, dove i soci finanziatori non possono esprimere più di un terzo dei voti in seno all’assemblea né eleggere più di un terzo dei membri dell’organo amministrativo e del collegio sindacale”.
Occorre quindi limitare il peso decisionale dei soci investitori, non la loro partecipazione al capitale, perché altrimenti andrebbe perso il loro potenziale ruolo positivo e cioè l’anticipazione delle risorse finanziarie per facilitare, oltre alla nascita e alla crescita della società, anche il perseguimento di obiettivi importanti, come l’accesso alla professione da parte di giovani professionisti. Il socio finanziatore, insomma, deve essere inquadrato all’interno di una normativa di garanzia sull’autonomia e la qualità della prestazione professionale erogata.
L’oggetto sociale: favorire la multi-professionalità
Altro tema da approfondire, a giudizio di Legacoop, è l’ambito di azione delle società tra professionisti, cioè il loro oggetto sociale, nel senso che non sembra opportuno limitarne l’azione all’esercizio delle attività professionali dei rispettivi soci, escludendo così attività strumentali e connesse al loro svolgimento, soprattutto se si fa riferimento alla versione multi professionale delle società. Al contrario, secondo Legacoop, sarebbe necessario contaminare i profili professionali definendo puntualmente le attività che prevedono il concorso di diverse professionalità: attività multidisciplinari di natura intellettuale, organizzativa e logistica, in modo tale da offrire al cliente -con il reciproco apporto di attività di più professionisti con diversa abilitazione, anche non iscritti agli Ordini professionali- un servizio professionale completo. È infatti questo, a giudizio di Legacoop, il modello che può dare, nel futuro, un contributo reale al miglioramento della qualità delle prestazioni professionali e al rapporto con i cittadini utenti.
Un “apprendistato” per i professionisti: i soci speciali della cooperativa
Infine, Legacoop chiede di recuperare la norma, introdotta e subito abrogata, dell’equo compenso per i tirocinanti e per i giovani professionisti: un atto di civiltà e di equità che, se legato ad una seria politica di formazione professionale, già durante l’ultimo anno di Università, renderebbe più credibili le manifestazioni di interesse verso questa fascia generazionale. “Si potrebbe ipotizzare” -ha rimarcato il Presidente di Legacoop, Giuliano Poletti– “che il tirocinio dei giovani laureati possa essere svolto, anche in collaborazione con le Università, ricorrendo alla figura dei soci speciali, che possono essere ammessi da una cooperativa proprio in relazione ad esigenze di formazione (professionale); al termine del periodo di formazione, comunque non superiore a cinque anni, il socio speciale è ammesso a godere i diritti che spettano agli altri soci cooperatori, a meno che lo statuto (ed eventuali regolamenti attuativi) condizioni tale passaggio alla positiva verifica del percorso formativo da parte degli amministratori”. Ovviamente, l’attività formativa nei confronti di tali soci dovrà essere conforme agli standard previsti per ogni tipologia di professione. La scadenza di tale periodo potrebbe coincidere esattamente con il superamento dell’esame di Stato o con l’acquisizione formale dei titoli per esercitare la libera professione. Analoga impostazione potrebbe essere adottata per i giovani liberi professionisti che operano come collaboratori con partita IVA all’interno di studi di altri colleghi.
Le cooperative tra professionisti: uno studio Legacoop sulla consistenza e sulle motivazioni
Legacoop ha recentemente avviato uno studio per censire le cooperative tra professionisti già operative, appartenenti ai diversi settori merceologici e mutualistici.
Si tratta di 617 cooperative, con 11.591 occupati (dei quali 9.136 soci e 2.455 addetti), che sviluppano un valore complessivo della produzione di oltre 454 milioni. Le più numerose sono quelle tra giornalisti (162, con 1.597 soci e 500 addetti), seguite da quelle del settore informatico (118, con 2.550 soci e 262 addetti), dalle cooperative di ingegneria e progettazione (108, con 858 soci e 577 addetti) e da quelle di consulenza fiscale, amministrativa e gestionale (101, con 1.051 socie e 454 addetti).
Lo studio ha inteso anche approfondire le motivazioni che hanno condotto alla costituzione di tali cooperative, sia dal lato delle aspettative del socio-professionista che da quello delle esigenze di mercato.
I professionisti sono stati attratti dalle condizioni di lavoro che la forma cooperativa consente di realizzare e dall’opportunità di raggiungere obiettivi altrimenti difficili. Hanno sottolineato come elementi di valore la possibilità di mettersi in proprio e di compiere scelte autonome rispetto al proprio futuro, indipendentemente dal capitale inizialmente disponibile e dall’età; di essere partecipi di ogni aspetto della vita d’impresa; di sperimentarsi con scelte di natura gestionale e strategica crescendo così con maggiore rapidità (“imparare facendo da soli”); di “fare insieme” ad altri ed insieme ridurre i crescenti rischi che caratterizzano oggi il mercato del lavoro (“insieme meno fragili”). Sottolineate anche le opportunità di accedere ad un mercato più ampio e più qualificato (pubblico, privato o no-profit), soprattutto attraverso la fornitura di prestazioni multidisciplinari, di ottenere finanziamenti pubblici o di avvalersi di capitali di partecipazione attraverso i soci sovventori, di rafforzare i legami con il territorio, di fidelizzare le persone impiegate in cooperativa, anche quando detentrici di professionalità molto qualificate.
fonte: Legacoop