di Alessandro Ambrosin
ROMA – Ovunque ti muovi nella penisola basta poco per capire che l’Italia con tutte le sue regioni, nessuna esclusa, è un Paese che ha fatto dell’agricoltura la sua vera vocazione.
E il Lazio non è da meno con le 120 aziende cooperative associate in tutti i settori, 300 milioni di vendite, come ci spiega il Presidente Legacoop Agroalimentare Lazio Giuseppe Codispoti: “Sono oltre 5000 i soci imprenditori della cooperazione agricola associata a Legacoop nel Lazio. Un vero e proprio punto di forza, importante ed insostituibile punto di riferimento per tutte le politiche pubbliche e le strategie di sviluppo”.
E ora sembra che una svolta sia alle porte, perchè da un lato le politiche non sempre hanno valorizzato questo importante e delicato settore, dall’altro viene da sè che l’agricoltura, specie in questo periodo di crisi, rappresenta un volano importantissimo sia in termini economici che di sviluppo occupazionale.
Lo ha ricordato molto bene Ignazio Marino durante uno dei suoi ultimi incontri alla LegaCoopLazio prima del recente ballottaggio che lo ha incoronato primo cittadino della capitale. Con 51.729 ettari di superficie agricola su 128.530 ettari, pari al 40% della superficie totale del Comune, Roma è infatti il più grande comune agricolo d’Europa. Insomma, come ha ribadito il neo sindaco, ci riferiamo al primo polo agroalimentare al mondo, in quanto sede delle principali organizzazioni delle Nazioni Unite che si occupano di sicurezza alimentare, agricoltura e sviluppo sostenibile come l’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), il Programma Alimentare Mondiale (WFP) e il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD).
Insomma, A come agricoltura, non a caso inizia proprio con la prima lettera dell’alfabeto, perchè questo settore è veramente il più importante per la nostra economia.
Eppure non mancano le note negative a conferma che in questi ultimi due anni di crisi la fragilità strutturale dovuta soprattutto alla dimensione piccola delle imprese si è fatta sentire. Codispoti, ci spiega che la diminuzione delle superfici coltivate ha registrato un – 12% , mentre sono 98 mila le imprese che sono state costrette a chiudere i battenti. Tuttavia, ci ricorda sempre Codispoti, l’agricoltura resiste di più rispetto agli altri settori della economia laziale aumentando le vendite “sia a volume che a valore nonostante la crisi dei consumi soprattutto nel settore ortofrutticolo dove tiene l’occupazione +5%, ma si riducono i margini lungo tutta la filiera a causa dell’aumento dei costi di produzione e soprattutto della logistica”.
Una ricetta per scongiurare il peggio non esiste, ma rivedere tutte le situazioni di crisi è un passo obbligato.
Partendo dalla produzione del Kiwi che, per chi non lo sapesse, è uno delle coltivazioni laziali più esportate in Europa, con oltre 200 milioni di valore della produzione concentrata nella provincia di Latina e sud di Roma. In pratica se vi capiterà di mangiare un kiwi ad Amsterdam o Londra, è probabile che sia arrivato proprio dalla capitale.
Per questo è fondamentale, secondo il presidente di Legacoop Agroalimentare “orientare tutti gli sforzi pubblici verso gli assi portanti e le filiere più importanti dell’agroalimentare laziale, ovvero ortofrutta, vitivinicolo, zootecnia, olivicoltura, cercando di ricostruire non solo solide politiche di filiere, ma incentivare la ricostruzione di un settore industriale per la trasformazione dei nostri prodotti. Infatti, in questi anni è scomparsa quasi tutta l’industria alimentare del Lazio.
Un compito che spetta soprattutto all’Assessore all’Agricoltura, Caccia e Pesca, Sonia Ricci, alla quale LegaCoopLazio chiede di “accelerare tutte le procedure per liquidare le imprese che hanno presentato progetti sulle varie misure del PSR e nel frattempo aprire una fase di ascolto per impostare il nuovo PSR dove la parola d’ordine è semplificazione massima ed investimenti per la competitività”.
“Bisogna rilanciare la politica dei distretti se vogliamo sfruttare appieno potenzialità e sinergie del nostro sistema produttivo e dei territori”, ricorda Codispoti. “Oggi le sfide si vincono innovando, perciò dovremo puntare molto sul sostegno all’innovazione. Secondo noi sarà decisivo non solo per l’agricoltura ma per tutto il sistema regionale avviare una fase di sburocratizzazione e semplificazione, alleggerimento e superamento di tutto il sistema delle società che ormai sono solo centri di potere e di sperpero come i consorzi di bonifica finanziati dai soldi dei contribuenti e gestiti da privati”.
Indubbio che per fare questo sia necessario sostenere la crescita dimensionale e l’aggregazione delle imprese, la cooperazione come centralità. “E per fare ciò – ribadisce Codispoti – serve una politica regionale che metta al centro della propria agenda il tema dell’aggregazione delle imprese e dell’offerta in agricoltura attraverso una legislazione moderna ed efficace. Questa è l’unica strada per competere sia sul mercato nazionale che sui mercati internazionali”.
Ma non è tutto. Serve, come spiega ancora Codispoti, una nuova politica per il credito che metta ordine su tutta la normativa attuale. Manca poi un Fondo unico per l’agricoltura che rafforzi il sistema di garanzie per l’accesso al credito. E poi tasto importante è quello di favorire l’occupazione giovanile, attraverso l’utilizzo delle terre pubbliche da destinare a cooperative, così come previsto dalle nuove normative nazionali. Ci sono migliaia di ettari di terreni coltivabili di proprietà della Regione, dell’Arsial del Comune di Roma, che possono costituire un vero volano per creare nuova occupazione. Insomma, è tempo di iniziarla davvero questa partita, perchè le carte per giocare le abbiamo tutte.