La legge 136 del 2010, che definisce azioni di contrasto alle mafie, è un provvedimento condivisibile; ma bisogna evitare il rischio che la complessità e gli oneri messi in capo agli operatori pubblici e privati per l’applicazione delle misure relative alla tracciabilità dei flussi finanziari ne neutralizzino, alla lunga, gli effetti.
Per questo è opportuno che le recenti modifiche apportate a questa parte del provvedimento con il decreto legge 187 del 12 novembre e, soprattutto, i recentissimi chiarimenti interpretativi dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici trovino conferma nella legge di conversione del decreto che il Parlamento dovrà varare a breve.
È questa l’indicazione di fondo proposta da Ancpl-Legacoop e da Legacoop Servizi- le associazioni che rappresentano, rispettivamente, le cooperative di produzione e lavoro e le cooperative di servizi aderenti a Legacoop- nel corso di un convegno dedicato alle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia e negli appalti e alla nuova legislazione antimafia, che si è svolto a Roma il 24 novembre. Nel dibattito sono intervenuti: Carlo Zini, Presidente Ancpl-Legacoop; Ferdinando Palanti, Presidente Legacoop Servizi; Giuliano Poletti, Presidente Legacoop; Enzo Ciconte, Docente di Storia della criminalità organizzata all’Università di Roma Tre; Anna Canepa, Sostituto procuratore alla Direzione Nazionale antimafia; il Prefetto Bruno Frattasi, Coordinatore del Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere; Federico Titomanlio, Istituto Grandi Infrastrutture (IGI); Alessandro Botto, Consigliere dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici.
“Un’attenzione sul tema, quella delle imprese cooperative”, – ha sottolineato Carlo Zini, Presidente di Ancpl-Legacoop aprendo i lavori – “alimentata dalla convinzione che la legalità sia la premessa necessaria per realizzare investimenti duraturi e proficui per il territorio e che la sua difesa rappresenti un argine alla concorrenza sleale di chi può disporre di ingenti capitali frutto di attività illegali”. “Per questo”- ha detto Zini -“riteniamo necessario un patto sociale per la legalità e lo sviluppo basato su due capisaldi: comportamenti delle parti sociali che vadano oltre il formale rispetto della legge e che faccia acquisire loro un’autorevolezza che serva ad affiancare il ruolo dello Stato; contrasto deciso all’utilizzo spregiudicato del massimo ribasso, per evitare il rischio che il sistema imprenditoriale italiano esca dal lungo periodo di contrazione degli investimenti più infiltrato di prima”.
Quello che serve, allora, è un processo costante di affinamento degli strumenti normativi di lotta alla criminalità organizzata ed un’azione convergente delle istituzioni, delle forze sociali, imprenditoriali e politiche per contrastare le infiltrazioni nelle amministrazioni pubbliche e nel mondo produttivo.
Rispetto a questo quadro l’impegno delle associazioni di rappresentanza deve essere quello di tenere alta la bandiera della legalità, attraverso una selezione associativa severa e codici interni di comportamento che non ammettano alcun compromesso.
“È ovvio” -ha aggiunto Zini- “che a tale impegno deve corrispondere un ulteriore sforzo da parte dello Stato, a tutti i suoi livelli, che garantisca un contesto in cui le imprese non debbano assumere comportamenti oltre le loro possibilità per svolgere correttamente la loro attività. Mi riferisco, ad esempio, alle difficoltà che si incontrano nel ciclo degli appalti per individuare i fornitori infiltrati dalla criminalità organizzata, al fine di escluderli dalla filiera. Noi capiamo le difficoltà nell’istituzione delle cosiddette white lists; difficoltà di ordine comunitario, di ordine tecnico-organizzativo, ma lo strumento delle informative deve essere affiancato da qualcos’altro che non lasci incertezze eccessive sull’impresa”.
“La discussione attorno ad un ulteriore sviluppo del sistema dei protocolli di legalità, magari anticipando ulteriormente il momento di coinvolgimento delle istituzioni che presidiano la legalità sul territorio” -ha continuato il Presidente di Ancpl-Legacoop- “potrebbe consentire anche di ridurre gli ostacoli alla realizzazione dell’opera, che rappresentano quasi sempre costi sia per l’impresa che per la collettività; su questo punto, associazioni di rappresentanza autorevoli possono sicuramente dare il loro contributo, in considerazione del fatto che già oggi sono spesso firmatarie dei protocolli di legalità, soprattutto nelle zone oggi indicate come a maggior rischio di infiltrazione (Lombardia in primis)”.
Insomma, le imprese cooperative considerano l’azione di contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata nelle attività economiche e produttive una priorità; anche, e soprattutto, in tempo di crisi.
“La crisi” -ha sottolineato Ferdinando Palanti, Presidente di Legacoop Servizi- “permette infatti alla criminalità organizzata, approfittando delle difficoltà delle imprese cha operano legalmente, di allargare ulteriormente il suo impressionante giro d’affari: l’ultimo rapporto semestrale della DIA lo stima in 140 miliardi di Euro all’anno, con un utile netto di circa 70 miliardi”.
“Un fenomeno di questa gravità, che costituisce una minaccia intollerabile per un sano sviluppo economico e civile” -ha aggiunto Palanti- “si combatte con un impegno straordinario e convergente delle istituzioni e delle forze economiche e sociali e, naturalmente, con normative adeguate”.
Riguardo a quest’ultimo aspetto, sottolineando che la norma sulla tracciabilità dei flussi finanziari nei pubblici appalti -dove il settore dei servizi ha un peso economico ed occupazionale almeno pari a quello dei lavori pubblici- sta creando molte preoccupazioni nelle imprese del settore per le difficoltà applicative che pone e, quindi, per l’aumento dei costi che potrebbe comportare, Palanti ha sollecitato un approfondimento di alcuni aspetti critici, tenendo conto di alcune specificità relative agli appalti di servizi, come, ad esempio, “l’impossibilità pratica di attribuire, al fine della tracciabilità, la parte, relativa al singolo appalto, di acquisti di materie prime, materiali di consumo e servizi necessariamente acquistati cumulativamente ed oggetto di un unica fattura e di un solo pagamento”.
Intervento di Giuliano Poletti, Presidente di Legacoop
“Come movimento cooperativo di Legacoop , assumiamo con coerenza l’impegno ed il sostegno alla piena applicazione di questa piano straordinario contro le mafie e delle sue disposizioni interpretative, e siamo pronti a collaborare ed affiancare tutte le componenti della società che si impegnano a combattere i fenomeni malavitosi”. Lo ha sottolineato il Presidente di Legacoop Giuliano Poletti, che ha aggiunto: “le imperfezioni che questa normativa ancora contiene e che qui sono state evidenziate, siamo convinti che potranno essere corrette nel tempo: quello che conta e la sostanza e l’obiettivo di fondo”.
“La lotta alle mafie ed a tutti i fenomeni di economia illegale è infatti obiettivo connaturato nel DNA delle imprese cooperative” -ha spiegato il Presidente di Legacoop- “la legalità, la trasparenza e il rispetto delle regole sono infatti la sostanza di un impresa mutualistica che pone al primo posto la tutela dei soci e del lavoro, lo sviluppo del territorio, in una parola guarda al futuro in un ottica temporale di lunga durata”.
“Per questo” -ha proseguito Poletti- “combattiamo i comportamenti illegali che, creando le condizioni per una concorrenza sleale, ci danneggiano e compromettono il futuro delle cooperative e, in generale dell’imprenditoria sana produttiva, fonte di sviluppo duraturo”. “E, per questi motivi” -ha precisato- “combattiamo le false cooperative che ci danneggiano tanto sul piano economico, quanto sotto il profilo della percezione della nostra identità e della nostra immagine nella società”.
“Siamo consapevoli che la criminalità organizzata è fortemente pervasiva nella economia e nelle imprese” -ha detto ancora il presidente- “è un fenomeno preoccupante presente in tutto il territorio nazionale, ma siamo anche convinti che le mafie si possono combattere e che, a questo fine, è essenziale circoscrivere ed accerchiare le realtà illegali attraverso una efficace collaborazione di tutti i soggetti: istituzioni a tutti i livelli, imprese, organizzazioni di rappresentanza dell’economia e del lavoro”. “E’una battaglia che va condotta anche sul piano culturale” -ha aggiunto- “vanno combattuti non solo i comportamenti malavitosi, ma anche l’omertà e l’indifferenza, la rassegnazione che è l’acqua in cui vive e si alimenta la criminalità”. A questo proposito Poletti ha ricordato come la confisca dei beni sottratti alla mafia e il loro impiego produttivo da parte di cooperative di giovani che li trasformano in imprese sane e capaci di dare occasioni di lavoro e di riscatto, “è uno strumento importante ed incisivo e coinvolge la comunità il territorio, dà speranza alla giovani generazioni” . “Ma queste imprese cooperative, per la quasi totalità aderenti a Legacoop, hanno un futuro solo se riescono gradualmente ad assumere le caratteristiche e la forza di imprese capaci di operare in termini competitivi su un mercato che certamente è difficile”. Di qui l’impegno di Legacoop, attraverso la sua rete di imprese e strutture, “per promuoverne, grazie alla esperienza e competenza dell’organizzazione, la crescita ed il consolidamento imprenditoriale e la durata nel tempo”.
Sintesi degli interventi
Enzo Ciconte, Docente di storia della criminalità organizzata Università Roma Tre, ha sottolineato come Il fenomeno delle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia sia una realtà “presente capillarmente in tutto il territorio nazionale”. “L’idea stereotipata del suo radicamento nel Mezzogiorno” -ha precisato Ciconte- “ha indotto a concentrare politiche di contrasto orientate in aree confinate”. “La crisi economica favorisce l’insidiarsi della criminalità, grazie alla liquidità di cui dispone, a diversi livelli, imprenditoriali, nell’amministrazione pubblica, negli appalti, sul piano della concorrenza delle forniture pubbliche, nei servizi e nell’edilizia”. È dunque necessario imporsi sensibilizzando più soggetti al problema”- ha concluso- “e un confronto come quello di oggi è importante per individuare azioni e metodi nuovi”. L’attività di contrasto alla criminalità organizzata in alcune regioni del centro nord, è stato il tema approfondito da Anna Capena, Sostituto procuratore alla Direzione Nazionale Anti Mafia. “Non esistono territori immuni”, -ha spiegato- “l’attività della criminalità organizzata va di pari passo con le occasioni di business”. “Il sistema è complesso” -ha aggiunto- “gestito attraverso i silenzi, le alleanze e l’omertà delle vittime e di chi decide di sottostare, attraverso strategie di inabissamento e mimetismo del denaro sporco, in acquisti finalizzati di mezzi e servizi, e nelle zone d’ombra della distribuzione del lavoro”. “È necessario quindi” – ha concluso- “regolamentare e controllare gli appalti, i contratti, i cantieri e il movimento terra. Tracciabilità dei flussi finanziari significa trasparenza e legalità, le parole del futuro”. Il Prefetto Bruno Frattassi, Coordinatore del comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere, ha sottolineato come, attraverso le nuove norme antimafia, la legge 136/2010, il legislatore voglia dare indicazioni di senso, per reagire con chiarezza e fermezza al fenomeno della criminalità organizzata. “È necessario tracciare i flussi finanziari delle attività e dei pagamenti svolti nei cantieri -ha spiegato Frattassi. “Tutto deve essere denunciato preventivamente per rendere il precorso leggibile e comparabile per i controlli”, -ha aggiunto- “I protocolli di legalità devono essere strumenti concreti non negoziali per risolvere giuste cause, è necessario quindi monitorarne l’attuazione”. Federico Titomanlio, dell’Istituto Grandi Infrastrutture (IGI), ha focalizzato “Le questioni aperte nell’applicazione delle disposizioni della legge 136/2010 in materia di appalti pubblici”. In particolare si è soffermato su alcuni aspetti delle disposizioni interpretative contenute nel decreto legge 187 fra i quali la definizione di “filiera delle imprese” e la specifica riguardante appalti e forniture. Le questioni riguardanti la “Disciplina della tracciabilità finanziaria negli appalti pubblici”, sono state analizzate da Alessandro Botto, Consigliere dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici. In particolare il Consigliere Botto, ha evidenzialo la opportunità, prevista nel decreto, di adeguare alla nuova normativa di contrasto alla mafia, anche i contratti già esistenti nel termine di 180 giorni. “Si tratta di una disposizione” –ha detto in sostanza Botto– “che riconosce la priorità di norme pubblicistiche volte alla tutela dell’ordine pubblico e della legalità”