Basta partecipare ai bandi di grandi ditte che giocano al massimo ribasso. Drastica la scelta della Società Cooperativa Matrix 96, attiva nel settore archeologico. Da tempo ha detto addio a un meccanismo che rischia di stritolare i lavoratori. E in particolar modo le lavoratrici. Perché per il 70,79% dei casi si tratta di donne che hanno in media 36 anni e che sul cantiere fanno tanti sforzi anche fisici a fronte di un compenso non adeguato, fin quando non si trovano costrette ad abbandonare la professione, pur avendo specializzazione, dottorato o post dottorato.
“Si tratta di un mercato così competitivo che avrebbe determinato un trattamento dei nostri collaboratori estremamente svalutante ed economicamente svantaggioso – racconta Massimo Massussi, presidente della cooperativa associata a Legacoop Lazio-. Tra il 2014 e il 2015 c’erano colleghi che accettavano lavori a 35 euro al giorno e ora la situazione sui cantieri urbani non è migliorata di molto: il compenso si aggira intorno agli 80 euro al giorno”. E allora: meglio starne fuori. “Noi non condividiamo questi bandi e preferiamo rivolgerci a privati. Abbiamo abbracciato il Codice Etico della Confederazione Italiana Archeologi contro lo sfruttamento dei professionisti. Ma spiace dire che c’è una carenza di coscienza di classe” spiega Massussi.
Loro resistono, nonostante siano tempi duri. “Due anni di chiusura per il Museo delle Civiltà negli anni della pandemia e poi per i lavori alla collezione hanno bloccato l’afflusso delle scuole, e conseguentemente le nostre attività didattiche, pur dovendo sostenere i costi della concessione” dice. La cooperativa è concessionaria del Museo delle Civiltà insieme a Coopacai Phoenix Arl con la quale ha dato vita a un raggruppamento temporaneo di impresa dal nome RTI Aditum Cultura. La Coop Matrix 96 gestisce anche i servizi di accoglienza, culturali ed educativi del Museo Civico Etrusco Romano “G. Bianchini” di Trevignano Romano e ha nel cv lavori di grande interesse. Come quelli di archeologia sperimentale. “All’interno del Parco del Colosseo, nella Giornata europea dell’archeologia 2019, abbiamo fatto delle dimostrazioni ricreando in loco le tecniche di produzione antiche, studiate e riprodotte fedelmente, che hanno permesso di comprendere il funzionamento delle antiche tecnologie” ricorda Massussi. “Abbiamo lavorato anche per i Musei Vaticani allo studio di materiale delle industrie litiche, oggi conservati nella Collezione orientale del museo e collaborato con enti di ricerca come il Cnr, con la Sapienza di Roma, con l’Università di Padova presso la quale abbiamo dato la possibilità agli studenti che non hanno mai scheggiato la pietra e lavorato l’argilla di formarsi e comprendere come venivano realizzati questi oggetti” aggiunge. Loro l’idea dell’ArcheoFest, finanziato da diverse realtà tra le quali il NY Carlsberg Glyptotek di Copenaghen e da poco la notizia: “abbiamo vinto il bando di Wikimedia per aggiornare i contenuti multimediali relativi al Museo G. Bianchini di Trevignano Romano al fine di consentire l’accesso a informazioni e dati relativi ai contesti archeologici del territorio, con attenzione all’accessibilità e quindi con contenuti multimediali disponibili anche nella lingua dei segni” afferma il presidente di Matrix 96.
Tuttavia, gli archeologi che gettano la spugna sono tanti. “Le condizioni di lavoro anche dal punto di vista ambientale e climatiche sono difficili. Vivi all’aperto, sotto il sole o al freddo. E’ un lavoro che si può fare fino a una certa età. – ricorda Massussi-. Nella nostra cooperativa ci sono più donne che uomini. E anche questo forse determina i dati sull’abbandono della professione: quando sei archeologa e vuoi fare un figlio, il problema sussiste”.
Paradossale ma gli archeologi sono stati a lungo figli di nessuno. La professione è stata riconosciuta solo da poco con la legge 110. “Prima la parola archeologo non esisteva nel Codice dei beni culturali. La L. 22 luglio 2014 n 110 riconosce per la prima volta in Italia alcune delle figure professionali dei Beni Culturali, tra le quali figura anche quella dell’archeologo. Prima non c’era riferimento a questi professionisti. Eppure siamo in Italia, il Paese con il più alto numero di siti archeologici e beni culturali al mondo” ricorda il presidente. Avvilente anche l’impiego di volontari nel settore in attività che dovrebbero essere esclusiva di professionisti specializzati. “Fino a qualche anno fa l’attività di volontariato era presente anche negli scavi archeologici ma è importante che alcune attività vengano svolte da figure specializzate come gli studenti o i professionisti muniti di una specializzazione o un dottorato” dice. Ma il problema nelle attività di gestione di alcuni contesti museali persiste. Il tutto in un sistema in cui le Soprintendenze sono in sofferenza a causa della carenza di personale. “Con il progressivo pensionamento delle risorse entrate 30 anni fa e la totale assenza di nuove assunzioni, i territori sono in difficoltà”.