AUTONOMIA DIFFERENZIATA, LEGACOOP LAZIO: “LE NOSTRE ASSOCIATE GIA’ ATTIVE”. PRESTO IL RAGGIUNGIMENTO DEL QUORUM

Dalla legislazione concorrente alla legislazione-concorrenza impari tra territori,  la Legge sull’autonomia differenziata rende il trasferimento delle funzioni (in ben 23 materie, comprese 3 di competenza esclusiva dello Stato)  un’attività indisturbata di negoziazione tra il solo governo e le singole Regioni, e riduce a residuale e inefficace l’intervento del Parlamento, conferendogli un mero potere di indirizzo.

Non una “operazione di ingegneria”, dunque, ma di fatto la “redistribuzione dei diritti”, la “ridefinizione dello Stato sociale” e la “trasformazione irrimediabile della Costituzione” che si vorrebbe modificare solo in parte, illudendosi di non ledere così i diritti fondamentali: è una rivoluzione che si preannuncia riguardare i diritti di tutte e tutti, coinvolgendo inevitabilmente le attività imprenditoriali, e spianando la strada anche al cosiddetto premierato.

Questa in estrema sintesi era stata l’analisi del Professore ordinario di Diritto costituzionale presso la cattedra di Giurisprudenza dell’Università Sapienza di Roma, Gaetano Azzariti, invitato dal Presidente di Legacoop Lazio Mauro Iengo a curare la parte seminariale di una interessante e partecipata Assemblea di Direzione dell’associazione datoriale regionale, chiusasi con la richiesta esplicita delle associate di agire nonché con la determina della Presidenza di Legacoop Lazio di portare le argomentazioni condivise in quel consesso anche nel quadro della Presidenza Nazionale di Legacoop.

Con una decisione maturata nel tempo, con grande attenzione e lungamente ponderata, una delle principali organizzazioni di rappresentanza delle cooperative in Italia ha così di recente deciso di invitare le proprie strutture territoriali a sostenere, nelle modalità che verranno ritenute opportune, le attività dei comitati promotori del referendum per l’abrogazione della legge e a coinvolgere le cooperative per informare i soci, le socie, i lavoratori, le lavoratrici sui contenuti dell’iniziativa e sostenere la raccolta delle firme per la convocazione del referendum.

Del resto, ad essere critici nei confronti della Riforma erano già stati: il Servizio di bilancio del Senato, organo tecnico che aveva affermato che senza un piano di distribuzione ci sarà un aumento del divario tra Regioni; la Commissione europea, che aveva scritto che la Riforma pone a repentaglio la capacità di indirizzare la spesa pubblica; Confindustria, che aveva espresso preoccupazione in quanto si mette a rischio il lavoro delle imprese che operano tra più regioni; non in ultimo la Banca d’Italia, che aveva parlato di rischio di perdita del controllo del gettito erariale; tutto questo mentre i dati Svimez avevano rovesciato da tempo il pregiudizio delle regioni del Sud a carico del Nord e sei dei tecnici della Commissione LEP si erano dimessi sostenendo fosse necessario determinarli tutti per poterli garantire perché in caso contrario si creerebbe un forte squilibrio. Sono infatti in primis i tecnici ad avere dichiarato di avere seri dubbi: su 61 solo uno su cinque avevano appoggiato il trasferimento, e tutti avevano sollevato perplessità.

In parte complice una cattiva riscrittura del titolo V, che ha causato dal 2001 ad oggi numerosi conflitti giunti di fronte la Corte Costituzionale, la Riforma del terzo comma dell’articolo 116 è stata ritenuta incostituzionale da Leopoldo Elia, uno dei più importanti costituzionalisti, convinto che nessuno mai la avrebbe applicata. Ventidue anni dopo, però, la proposta torna attuale. La legislazione esclusiva dello Stato si riduce così al “al minimo sindacale possibile” che trova espressione nei LEP, i livelli essenziali delle prestazioni, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

“Stiamo parlando di una trasformazione radicale degli assetti di potere e dell’organizzazione delle politiche pubbliche in Italia. L’aspetto più grave rimane la scelta di escludere il Parlamento dalla possibilità di pronunziarsi su processi decisionali che, riguardando la riduzione delle competenze dello Stato sul proprio territorio, investono pienamente l’interesse generale. A maggior ragione se si considera che, verosimilmente, ogni intesa tra Regioni e Stato sarà diversa nei contenuti e che ogni italiano o impresa che cambi regione si troverà alle prese con un universo di regole, di procedure, di diritti e doveri nuovi, senza contare che tali intese hanno una durata e possono essere mutevoli nel tempo” ha spiegato Mauro Iengo, presidente di Legacoop Lazio.

Come aveva già ben sottolineato il professore Gaetano Azzariti, si rischia la secessione dei ricchi che condannerà ad arretrare non solo Regioni come la Calabria, che hanno il PIL più basso d’Italia, ma che metteranno in seria difficoltà anche Regioni come il Lazio.

“Pertanto, Legacoop Lazio ha già mobilitato la sua rete al fine di sostenere le attività dei comitati promotori del referendum per l’abrogazione della legge, volendo sensibilizzare i soci, lavoratori e non, sui contenuti dell’iniziativa affinché la raccolta firme per la convocazione del referendum raggiunga il suo obiettivo” ha concluso Mauro Iengo, presidente di Legacoop Lazio.