CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE: UN BENE COMUNE DA TUTELARE

Con 27 voti favorevoli e 2 contrari, il 17 maggio l’Assemblea Capitolina ha deliberato sulle sorti della Casa Internazionale delle Donne di Roma: approvata la mozione a firma della consigliera Guerrini, che prevede un riallineamento politico-amministrativo della Casa e la messa a bando delle attività svolte all’interno di essa.
La Casa Internazionale delle Donne è un laboratorio dove si coniugano la politica di genere, l’incontro, le relazioni internazionali, la promozione dei diritti, della cultura, delle politiche, dei “saperi” e delle esperienze prodotte dalle donne e per le donne e che viene frequentata da oltre 30.000 donne l’anno. Ad erogare i servizi gratuiti di assistenza legale, psicologica, medica e di consulenza del lavoro sono associazioni, cooperative e liberi professionisti.
Ad accendere i riflettori sull’esperienza romana, ospitata dal 1987 nel complesso monumentale del “Buon Pastore”, sono stati i ritardi nei pagamenti dell’oneroso canone di affitto dello stabile di Via della Lungara 19, di proprietà del Comune di Roma. Dopo mesi di trattative tra le parti, l’inaspettato epilogo del 17 maggio ha fatto precipitare la situazione, scatenando le proteste delle numerose attiviste coinvolte nella gestione e nell’erogazione dei servizi della Casa.
La Casa Internazionale delle Donne di Roma rappresenta un’esperienza unica nel suo genere e, come tale, dev’essere oggetto di attenzioni che non mirino solo alla definizione degli aspetti economici e burocratici ad essa legati. La valenza politica, sociale ed etica di questa struttura, come bene comune a disposizione della cittadinanza, merita un approfondimento in grado di coniugare le esigenze dell’Amministrazione comunale con quelle delle migliaia di donne che nella Casa trovano quotidianamente ascolto, rifugio e supporto.
L’attivazione di un tavolo di lavoro tra il Comune di Roma Capitale e le attiviste della Casa Internazionale delle Donne, che tenga conto sia dell’interesse generale del progetto che della sua sostenibilità economica, potrebbe non solo rappresentare la soluzione ad una situazione ormai drammaticamente compromessa ma, anche, una buona pratica di co-progettazione sperimentale su temi socio-culturali trasversali.