CIVITAVECCHIA, LEGACOOP LAZIO: “CON LA CHIUSURA DELLA CENTRALE, 4 MILIONI DI PERDITE PER LE COOPERATIVE”

Guardie ai fuochi, sommozzatori, metalmeccanici, motoristi, carpentieri, ormeggiatori, per anni hanno lavorato a pieno ritmo nelle cooperative attive nell’indotto della Centrale elettrica a carbone di Torvaldaliga Nord a Civitavecchia. Tra un anno Enel chiuderà i battenti, provocando una perdita, solo per le quattro cooperative attive nell’indotto, che Legacoop Lazio ha calcolato si aggirerà intorno ai quattro milioni di euro annui su imprese che complessivamente hanno un valore della produzione pari a undici milioni.

“Si prevede perciò che tra queste cooperative che entreranno in sofferenza ci possano essere ripercussioni, anche se in misura diversa, su 129 lavoratori e soci. Fino ad ora le nostre associate hanno fatto di tutto e hanno anche accettato di fare sacrifici pur di non dover effettuare tagli, tuttavia sembra evidente che l’impatto della necessaria e inderogabile dismissione produrrà presto effetti che si teme possano essere irreversibili sulle imprese del territorio – ha dichiarato Mauro Iengo, presidente di Legacoop Lazio-. Se si guarda all’intero indotto imprenditoriale che ruota intorno all’Enel, allora stiamo parlando di numerose imprese e dei loro circa 700 dipendenti del settore metalmeccanico e terziario. Una catastrofe, per molti aspetti prevista, rispetto alla quale l’Enel in particolare ha grandi responsabilità, così come le istituzioni politiche e amministrative del recente passato”.

Tutto ciò in una città che ha convissuto nel tempo con la presenza di altre due centrali elettriche (Fiumaretta e Torvaldaliga Sud), alimentate con olio combustibile, che insieme al cementificio, al centro per lo smaltimento di armi chimiche, all’ingente traffico portuale, hanno causato danni ambientali e contribuito a fare di Civitavecchia e dintorni una realtà in cui l’indice di mortalità e di rischio di cancro al fegato, di mesotelioma e malattie respiratorie, è superiore alla media. Il tessuto imprenditoriale e la manodopera locale, tutta costituita da personale specializzato, porta in sé l’impronta di questo modello industriale che è ora prioritario che si apra a nuovi orizzonti. Non è una operazione impossibile: le cooperative associate a Legacoop Lazio hanno già da tempo cercato di avviare processi di riconversione e diversificazione per allineare le attività con una economia più sostenibile per il territorio. La trasformazione non è solo possibile, è anche irrinunciabile. Tuttavia, questi processi richiedono tempo e strategie. “Una delle debolezze del sistema imprenditoriale locale è la sua frammentazione in piccole imprese che hanno competenze e esperienze importanti ma insufficienti per affrontare individualmente la sfida dell’uscita di un gigante come l’Enel dal territorio – ricorda Iengo-. Occorre che si aggreghino, indipendentemente dalla forma societaria e dall’appartenenza associativa, affinché si scambino informazioni, tecnologie, progettualità per attività in comune. Mai come oggi l’unità di intenti è fondamentale per garantire una prospettiva reale al tessuto imprenditoriale cittadino”. Occorre però, in primis, una progettualità mirata ed efficace. Risulta ormai evidente, però, che il tempismo necessario per investire in una sana riconversione sia già venuto a mancare: i progetti per il futuro della città sono in ritardo cronico, mentre la tabella di marcia prevista per la chiusura procede rapida e senza sosta e l’allarme sulla possibilità che a rimetterci saranno proprio i lavoratori dell’indotto è elevato.

“Gli sforzi a cui assistiamo da parte dell’assessore allo Sviluppo economico della Regione Lazio, Roberta Angelilli, del ministero delle Imprese e del made in Italy (MIMIT) nonché, da ultimo, della nuova amministrazione di Civitavecchia risentono comunque del ritardo accumulato – ha commentato il presidente di Legacoop Lazio -. C’è anche da dire che lo stesso sistema imprenditoriale locale ha peccato di attendismo e non si è mosso in tempo e in modo coeso per esprimere una sua progettualità – ha continuato-. Non c’è dubbio che il futuro di parte dell’economia civitavecchiese sarà diverso. Con l’abbandono del territorio di Enel dobbiamo lavorare ad un suo diverso profilo economico e imprenditoriale – ha aggiunto-. I progetti presentati in seguito all’operazione di scouting dell’Enel e condivisi con il MIMIT potrebbero essere interessanti. Uso il condizionale perché in verità pochi ne conoscono il reale contenuto. Conosciamo i titoli ma non la sostanza. Questa scarsità di conoscenza o conoscenza asimmetrica dei progetti produce un vulnus alla città perché non consente alle sue organizzazioni sindacali e datoriali di esprimersi in modo consapevole” ha denunciato. Legacoop Lazio infatti esprime le sue forti perplessità sulla possibilità che questi progetti possano portare a pensare a una alternativa valida per l’attuale indotto Enel e ad essere utili per la sua sopravvivenza. “Si tratta di attività che sono poco pertinenti rispetto a quelle delle attuali imprese metalmeccaniche e di servizi” ha sottolineato il presidente Mauro Iengo. “Non con questo che io voglia bocciare i titoli dei progetti ma le imprese citate richiedono qualcosa di diverso, qualcosa che dia loro il tempo di riconvertirsi e di diversificare con quanto ne consegue sul piano della formazione professionale dei lavoratori”.
“Il progetto più credibile di tutti è quello dell’off-shore eolico, ma solo se a Civitavecchia sarà allocato l’hub per la costruzione dei galleggianti, delle pale eoliche e delle torri con manodopera tutta locale e con tempistiche accettabili” ha ricordato.

E in conclusione ha detto: “si parla ancora troppo poco della demolizione dei Gruppi e della relativa bonifica. Potrebbe essere parte di una soluzione per dare la possibilità alle imprese di acquistare il tempo necessario ma non c’è nessun chiaro crono programma. Utile potrebbe essere che le imprese dell’indotto si consorziassero in previsione della demolizione. Tuttavia, l’enorme incertezza e le notizie contrastanti sul futuro che attende queste imprese rendono impossibile la necessaria organizzazione e pianificazione indispensabile per tutelare i lavoratori e avviare processi di riconversione”.

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