“Per ricostruire la nostra azienda agricola e far ripartire a pieno l’attività produttiva, riattivare il capannone e il palazzo dove prima avevamo la sede, avremmo bisogno di liquidità perché noi dobbiamo versare l’IVA, oltre a dover sostenere le spese gestionali. Fortunatamente, non abbiamo mutui: le banche non hanno mai voluto concederceli e oggi dovremmo ringraziarle, considerati gli sviluppi nell’economia nazionale. Per quanto riguarda il centro aziendale, ricostruiremo solo un capannone, delocalizzandolo e riducendo le superfici di 180 metri quadri. Abbiamo messo in piedi il caseificio, anche se abbiamo dovuto spostare il nostro negozio e servirci di un vicino centro commerciale, quello dei Monti della Laga. In questo modo, però, possiamo continuare a vendere il nostro formaggio. La solidarietà non è mancata: da Legacoop abbiamo avuto un trattore che ci ha salvato la vita e non possiamo dire di essere stati abbandonati dallo Stato perché abbiamo ricevuto, per quanto possibile, degli aiuti”.
Così, Antonio Valentini, presidente della cooperativa agricola Rinascita ’78, a otto anni dal terremoto che ha distrutto anche Illica, frazione di Accumoli.
“Noi abbiamo fatto la scelta di ripartire in primis dal caseificio, che ci era indispensabile, e poi dalla nostra casa: speriamo di poterci rientrare a ottobre. Abbiamo puntellato i capannoni che dobbiamo ricostruire perché stiano in piedi. Una parte del bestiame trova ricovero nei tunnel provvisori che ci sono stati forniti dalla Regione Lazio, mentre un’altra sta al pascolo continuo – racconta il presidente-. E’ così che cerchiamo di andare avanti”.
La cooperativa è riuscita a mantenere intatta l’occupazione, anche se è difficile reperire manodopera, soprattutto per le attività di pastorizia.
“Siamo sempre in dieci: quelli di prima. Fortunatamente, noi siamo abbastanza autosufficienti e non abbiamo difficoltà nella vendita, trasformiamo formaggi ormai da quaranta anni – commenta Valentini-. Il problema è che dobbiamo vendere a prezzi che vanno di pari passo con un’economia territoriale molto fragile, in cui i paesi si sono impoveriti sempre di più, in un contesto in cui la ripartenza e la ricostruzione di uno sviluppo economico è stato rimandato al futuro, a quando si avrà almeno un 40% di ricostruzione”.
Nel frattempo, con parte del bestiame al pascolo continuo, si è sempre più attenti ad osservare gli effetti del cambiamento climatico. “Si può dire che oltre un quarto delle capacità idriche siano andate perse per mancanza di neve – ci dice Valentini-. Le condizioni metereologiche sono cambiate rispetto a un tempo, anche se andando indietro con la memoria ci sono state stagioni in cui abbiamo avuto periodi in cui c’è stata scarsità di neve. E’ chiaro, però, che oggi le condizioni sono diverse- continua-. Siamo quasi a maggio e qui sulle nostre montagne a due o quattromila metri c’è una neve scarsamente consolidata che è quella residua di dicembre, perciò a giugno non avremo l’acqua nei canaloni. Certo, per noi che ci occupiamo di zootecnia in queste zone, dovessimo fare un ragionamento egoistico, è un clima perfetto perché riusciamo a lavorare meglio. Ma se dovesse continuare così, che prospettive e che futuro avremo per le generazioni che verranno?”