Ha avuto luogo il 1° febbraio presso l’Hotel Quirinale di Roma l’Assemblea Generale delle Delegate e dei Delegati delle Cooperative, organizzata annualmente da Legacoop Lazio. Una consuetudine ormai consolidata che vede protagoniste le cooperative aderenti: un’occasione importante per fare il punto della situazione e proporre iniziative e soluzioni ai problemi di una crisi generalizzata, la quale non di meno ha riguardato e riguarda tutt’oggi il mondo cooperativo.
La giornata ha visto la partecipazione del presidente di Legacoop Lazio Stefano Venditti e il Presidente nazionale Giuliano Poletti.
Al centro dell’incontro una tavola rotonda, condotta dalla giornalista de La Repubblica Giovanna Vitale, la quale ha visto coinvolti Eugenio Stanziale, Segretario CGIL Roma e Lazio, Stefano Genovese, Responsabile delle Relazioni Istituzionali di UGF, Giuseppe Roma, Direttore del Censis, Lorenzo Tagliavanti, Vice Presidente della Camera di Commercio di Roma.
L’introduzione della giornata è stata affidata ad Elisa Paris, Presidente del’ Assemblea dei Delegati.
Sintesi dell’intervento di Stefano Venditti, Presidente Legacoop Lazio
Consentitemi di iniziare questo mio intervento con una buona notizia: giovedì 27 gennaio è nata l’Alleanza delle cooperative italiane, una porta sul futuro per tutto il movimento cooperativo.
Oggi proveremo, insieme ai nostri illustri ospiti, ad analizzare la crisi che il sistema economico sta affrontando e individuare quelle energie che potrebbero aiutarci ad uscirne e a riprendere un percorso di crescita duraturo.
Sentiamo fortissima l’esigenza di riaprire un confronto diretto esplicito, con mondi anche diversi, vicini o solo apparentemente lontani da noi e abbiamo scelto di farlo senza pregiudizi, nell’intento di provare tutti insieme a fare una cosa vera, utile a ricostruire il futuro.
Vogliamo provare a riprendere il cammino faticoso del confronto, della ricerca, della costruzione di nuove reti e forti alleanze sociali e territoriali indispensabili per cambiare davvero la nostra economia e costruire più alti livelli di coesione , partecipazione e decisione.
A che punto siamo
“ Il sentiment” del nostro sistema d’imprese è di discreta preoccupazione. Ciò è motivato dalla consapevolezza che dentro la crisi del paese, che è strutturale, c’è una crisi peculiare e anch’essa strutturale di Roma e del Lazio poiché questa crisi ha innanzitutto una natura economica pubblica. L’indebitamento del Comune di Roma e della Regione significa, per noi, minori servizi, minori investimenti, minori risorse per la crescita e lo sviluppo.
Il sommarsi di deficit e tagli si è tradotto nella finanziaria regionale in minori risorse per le politiche per la casa, istruzione, trasporto pubblico e un evidente ulteriore rallentamento della capacità di spesa del sistema pubblico regionale. Il 2011 sarà l’anno che probabilmente vedrà allargarsi la forbice tra cassa e competenza e sarà l’anno di maggiore sofferenza per il sistema delle imprese. Dal nostro punto di vista, gli effetti della crisi stanno rendendo il sistema imprenditoriale laziale il meno competitivo d’Italia. Pensiamo che sia necessario e responsabile fare un operazione verità sui conti pubblici locali, al tempo stesso però pensiamo che la modalità con cui il governo regionale e comunale stanno affrontando la situazione sia sbagliata nei modi e nelle quantità.
C’è bisogno, secondo noi, di un federalismo fiscale della responsabilità, utile a ridurre i tagli e che al tempo stesso riconosca la funzione nazionale e internazionale di Roma Capitale.
I mercati
La crisi ha significato in primo luogo riduzione dei “potenziali” di mercato . La domanda si è contratta e la produzione è diminuita. I mercati si riconfigurano in maniera rapida e incerta.
Si possono individuare almeno quattro tipologie di mercato – domanda don cui è necessario confrontarsi:
1. La domanda tradizionale: in questo segmento è tutto quasi come prima della crisi- ad eccezione dei settori salute e assistenza- ma le quantità diminuiscono. E’ ancora il mercato maggiore ma la competizione è fortissima e le dimensioni e soprattutto i potenziali del mercato sono in calo.
2. La domanda low cost: è la domanda proveniente da un’ampia fascia di lavoratori e lavoratrici penalizzati, dai giovani, gli anziani e gli stranieri immigrati. Ha bisogno di prodotti a basso costo e di politiche imprenditoriali accorte. Le imprese devono essere preparate a una forte concorrenza internazionale.
3. L’innovazione: i driver di questo mercato sono l’innovazione tecnologica, l’energy technology, la sostenibilità ambientale, il partenariato pubblico – privato, il facility management, la qualità (di prodotto , di vita, wellness , cultura, servizi a dimensione umana, la buona salute e la buona coesione). E’ il mercato del cambiamento, della qualificazione, dei nuovi modelli, delle nuove indispensabili politiche di governo delle città. E’ qui che risiede parte delle ENERGIE necessarie PER LA CRESCITA.
4. Infine la domanda estera: questi sono i mercati in cui il sistema delle pmi, anche cooperative, dell’agroalimentare, dei servizi, delle costruzioni può cogliere opportunità interessanti.
Dal modo con cui l’originale esperienza dell’impresa cooperativa farà i conti con questi 4 segmenti di domanda può venire non solo un suo rafforzamento ma anche un percorso di crescita dell’intera comunità regionale.
La nostra forza nel Lazio e gli impatti della crisi
La crisi ha svelato errori, fragilità, tensioni, debolezze e smarrimento; ma ha anche posto domande sui tempi di lavoro, l’organizzazione dei consumi, il rapporto con l’ambiente e con la natura, i valori di una società. Sono anche queste le domande, che non solo i nostri soci, ma l’impresa cooperativa tutta si pone di fronte alla crisi per riprogettare la sua funzione imprenditoriale dentro la propria comunità di riferimento e il proprio territorio.
Le imprese cooperative aderenti a Legacoop in questa regione producono un volume di affari di poco inferiore a 4 Mld di euro, con una crescita nel triennio 2007 /2009 del 15.3%, occupano circa 25000 addetti e contano oltre 440000 soci.
La crisi però ci ha riguardato e ci riguarda, non dappertutto e non su tutti i settori, ovvero non in egual misura e con la stessa intensità. Il picco della crisi è stato registrato nell’ultimo trimestre del 2010. Delle 37 cooperative interessate da crisi di mercato 2 appartengono al settore industriale, 14 ai servizi non distributivi, 21 sono le cooperative sociali di tipo A e B .
Nel settore industriale, le difficoltà sono sorte in seguito ad un pesante ridimensionamento dei mercati di loro riferimento. I settori dei servizi e della cooperazione si sono ridimensionati in seguito alle scelte di politiche pubbliche.
Con la politica del definanziamento abbiamo visto comunque la chiusura di sole 3 imprese cooperative, già gravate da difficoltà economico – patrimoniali. Attraverso un lavoro dell’associazione e delle cooperative si è riusciti a ricollocare 120 lavoratori in mobilità e riassorbito circa 130 cassintegrati.
Tutto questo grazie a quello straordinario valore cooperativo che è la mutualità cooperativa e intercooperativa, senza nessuna politica attiva pubblica per l’impresa di cui ci sarebbe un grande bisogno.
L’impatto è stato meno duro solo perché i valori di riferimento, i patrimoni intergenerazionali e le tante forme di solidarietà tra i soci hanno consentito di attutirne gli effetti sull’occupazione.
Questa virtù delle cooperative dipende certamente dalla loro diversità di comportamento di fronte alla crisi. Nella stretta , nella difficoltà le cooperative fanno scelte diverse, seguono priorità diverse, ragionano da imprese mutualistiche e solidaristiche e premiano il lavoro, il capitale umano.
E non è una favola! E’ perché sono davvero cooperative, non solo per definizione ma nei fatti. Le cooperative nella crisi hanno esaltato ( tra mille difficoltà e oscuramenti) il loro essere infrastruttura sociale per la comunità, un collegamento democratico e un network di opportunità per realizzare bisogni e aspirazioni.
Ora dopo il contenimento è il tempo della reazione. Per usare un termine calcistico è il tempo della ripartenza.
Ripartiamo
Il panorama è ovviamente differenziato, ma arrivano segnali di volontà importanti dalle cooperative. E’ necessario proseguire con le integrazioni, fusioni, rafforzamenti patrimoniali per continuare a competere e crescere. Siamo dentro un processo a varie gradazioni di riposizionamento delle nostre cooperative. Ma non può essere un problema solo loro, la nostra funzione di rappresentanza si arricchisce in questa fase di ulteriori specificazioni e linee di attività: l’accompagnamento alla comprensione di quello che accade attraverso lo sviluppo di narrazioni puntuali e tipologiche; lo sviluppo di buone pratiche, di modelli concreti di innovazione, di intersettoriali; la costruzione di percorsi di accompagnamento delle pmi cooperative verso nuovi mercati attraverso modelli di aggregazione e i nuovi strumenti giuridici come i gruppi paritetici o i contratti di rete.
Il nostro lavoro in questa fase è quello di ricercare tutte le soluzioni utili per andare oltre la crisi, e al tempo stesso individuare alleanze territoriali utili a intraprendere processi di crescita e innovazione.
La crescita alla quale pensiamo deve avere nuove fondamenta :
- lo sviluppo fondato sul lavoro,
- un rapporto nuovo tra economia e finanza, meno speculazione e più produzione, più investimenti in coesione e sostenibilità,
- una diversa e più equa distribuzione dei redditi e dei carichi fiscali ,
- un nuovo paradigma di società: orientato verso uno sviluppo sostenibile, sia dal punto di vista sociale che da quello ambientale.
Siamo giunti al tempo delle scelte. Le risorse pubbliche sono poche e non coprono tutte le cose necessarie. Si pongono dunque un ventaglio di necessità :
- Riscrivere le regole attraverso le quali si concorre tutti alla crescita. Basta con questa concertazione differenziata e differita, che alimenta clientele, egoismi e particolarismi.
- Costruire una convergenza ampia tra le forze sociali e produttive del nostro territorio per varare un patto per la crescita.
- Ridefinire le politiche pubbliche territoriali: poiché le condizioni di indebitamento, riducono le risorse disponibili, allora concentriamole sulle effettive priorità: ricerca, innovazione, infrastrutture, ambiente e welfare dentro una cornice di coesione e sostenibilità.
- Guardare alle trasformazioni in atto nella società regionale, alla metropolizzazione nascente di Roma capitale o se preferite alla periferizzazione, per provare a costruire una Regione Europea, coesa e competitiva . Dentro queste trasformazioni ci sono energie da attivare per crescere, errori da correggere, ci sono tante cose da fare.
C’è bisogno, in fondo, di una nuova interpretazione della sussidiarietà come risposta ai cambiamenti sociali, al crescere delle domande sociali, alla rideterminazione delle politiche pubbliche. Utilizzare la forma cooperativa, come risposta imprenditoriale per organizzare forme di auto -aiuto nelle comunità e per assicurare la soddisfazione ai bisogni delle persone in tutte le comunità regionali, è il progetto economico e di coesione sociale su cui noi vogliamo puntare.
In conclusione, è necessario costruire un patto per la crescita e l’agenda per il nostro sistema d’imprese deve avere alcune scadenze precise. E’ il tempo di accelerare, di procedere alla verifica degli impegni assunti da parte della Regione, della Provincia e del Comune di Roma. Sono urgenti e necessari:
- il tavolo unitario istituzionale pubblico- privato richiesto dalle associazioni di settore delle costruzioni;
- il tavolo regionale per le politiche della casa e l’housing social;
- un confronto a livello regionale su tutta la normativa riguardante la distribuzione commerciale, considerando il peso del movimento cooperativo nel settore;
- la concretizzazione dell’impegno del Comune di Roma di riservare il 5% delle prestazioni di beni e servizi alla cooperazione sociale di inserimento lavorativo.
- la costruzione di una modalità in grado di migliorare i tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni e metterli in linea con la direttiva europea.
- la lotta al dumping contrattuale per la regolarità del mercato.
- una nuova riforma in grado di semplificare, snellire procedure, sbloccare progetti, superare la vischiosità ormai insopportabile e opprimente della pubblica amministrazione.
La Legacoop del Lazio vuole fare la sua parte nell’interesse della cooperazione, delle cooperative che associa, della comunità regionale. E’ la nostra esperienza quotidiana, che evidenzia il fatto che una cooperazione più forte rappresenta un buon antidoto al declino e una potente energia per la crescita.
Sintesi della Tavola rotonda
Le domande della tavola rotonda, condotta da Giovanna Vitale, rivolte agli invitati hanno avuto come filo conduttore gli argomenti trattati e analizzati da Stefano Venditti nel suo intervento: l’economia romana e laziale, la crisi e le proposte risolutive.
Gli ospiti intervenuti, seppur con alcune differenze, sono stati concordi su alcuni punti. Tra le criticità riscontrate nel territorio laziale, due pesano sicuramente più delle altre: la disoccupazione giovanile e l’idea di che tipo di città Roma Capitale vuole essere. A Roma, più delle altre città italiane, la spesa pubblica ha il suo peso. Se si aggiungono le tassazioni più pesanti che il 2011 vedrà delinearsi, la situazione economica attuale ha molte similitudini con quella che il nostro paese ha affrontato nel secondo dopoguerra. Ciò che manca oggi è una “visione”, una prospettiva di dove e come l’economia andrà a finire. C’è un velato pessimismo nelle previsioni su come l’economia reagirà a tutto ciò.
L’assenza di una politica mirata e concreta ha inasprito la crisi economica. Ma la politica non è solo denaro. Oggi, in Italia, sono spesso le beghe politiche, i lunghi tempi di attesa, gli ostacoli posti dalla burocrazia, a rendere infattibile la realizzazione di progetti economici. E i soggetti che fanno più fatica ad affacciarsi in maniera indipendente al mondo lavorativo sono i giovani. Se la disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli inimmaginabili, ciò che colpisce di più è la mole di ragazzi che cercano lavoro, come evidenziato dagli ultimi dati disponibili.
“Siamo dentro una gabbia” – commenta Giuseppe Roma, Direttore del Censis – “la quale prima o poi dovrà rompersi”. E, riprendendo le parole del Presidente Venditti, sostiene che sia arrivato “il tempo delle convergenze”.
Quale tipo di energie mettere in campo per uscire dalla crisi?
Sviluppo sostenibile e sostenibilità sociale: queste le due proposte condivise da tutti i convenuti. E’ necessario farsi carico di un’assenza strategica pubblica e delle difficoltà dovute alla mancata unità delle organizzazioni sindacali. Secondo Giuseppe Roma, bisogna ripartire dai servizi, cercando di dare risposte concrete ai nuovi bisogni che la società richiede. Nuove economie, nuove creatività e nuovi settori. Bisogna puntare su una nuova visione dell’economia, come sottolinea Lorenzo Tagliavanti, Vice Presidente della Camera di Commercio di Roma. Una visione che tenga conto di alcuni settori essenziali nell’economia romana come il turismo culturali e dei processi di localizzazione e internazionalizzazione.
Le famiglie, tra i soggetti più colpiti dalla crisi, sono tra i primi promotori di questi bisogni, come descritto dal Presidente Venditti e ribadito da Eugenio Stanziale, Segretario CGIL Roma e Lazio. E la loro situazione peggiora se si considera la totale assenza di una strategia politica che aiuti ad affrontare il quotidiano. E’ necessario uno sforzo comune, la costituzione di una massa critica fondata su un patto comunitario.
A Stefano Genovese, Responsabile delle Relazioni Istituzionali di UGF, il compito di rappresentare il mondo delle banche e spiegare come può un istituto di questo tipo aiutare ad uscire dalla crisi. Come sottolineato da Genovese, Unipol non può certo dire qual è la luce in fondo al tunnel, ma può offrire i mezzi, le risorse utili per riprendere un percorso di crescita. Uno di questi è, ad esempio, Valore cooperativo, un ‘offerta che UGF Banca dedica alle Cooperative aderenti a Legacoop. Il servizio comprende conti correnti a canone fisso mensile; finanziamenti chirografari per varie finalità; finanziamenti in pool in accordo con altre strutture del Movimento e convenzioni con cooperative di abitazione.
Sintesi dell’intervento di Giuliano Poletti, Presidente Legacoop
Dove andare dunque? Se non c’è una molla l’energia non sa dove andare. E prevale la paura. E le paure portano all’immobilismo. Questa crisi è fondamentalmente una crisi di iniquità, di ingiusta distribuzione della ricchezza. Non è un problema solo etico e morale, ma è anche un problema economico.
La ricchezza prodotta attraverso la produzione viene allocata sempre in prospettiva di potenziali vantaggi. I beni su cui si va ad investire aumentano il loro valore economico, pur mantenendo un uguale valore d’uso. Si crea una bolla la quale porta al crollo dell’intero apparato produttivo. Chi paga non è chi ha investito, ma l’intero sistema economico. E dunque i lavoratori tutti.
Ciò che è necessario oggi è creare una nuova armonia tra economia e società. Non si può più sostenere l’idea che la dimensione economica è l’unica in grado di misurare i nostri comportamenti. Il legame tra stato – economia come base della redistribuzione di denaro non funziona più. L’individuo come uomo economico è una pura astrazione. Ci sono tanti elementi che ci portano a comportarci in maniera “economicamente non razionale”. Le ricette economiche, nella storia,non hanno funzionato. La democrazia va intesa anche e soprattutto come comportamento quotidiano che tiene conto degli effetti che avrà sulla collettività. La democrazia è la grande potenzialità che muove le energie.
Come si può uscire dalla crisi? Tirando fuori quegli ambiti dell’economia che non hanno ancora trovato una loro dimensione. C’è una fascia importante di bisogni nuovi che non sono ancora diventati domanda. Bisogna costruire la domanda, ma nello stesso tempo riuscire ad immaginare la risposta. Bisogna costruire qualcosa in
armonia con la società, assumendoci tutti la responsabilità verso noistessi e gli altri.