“Insegnare fundraising non vuol dire solo trasferire concetti e tecniche ma anche insegnare a fare, cioè potenziare le organizzazioni e le conoscenze, le capacità e le attitudini dei loro professionisti, perché possano rispondere adeguatamente alla sfida dell’innovazione”. A spiegarlo è Giosué Pasqua, presidente della Scuola di FundRaising di Roma, nata 18 anni fa dall’esperienza di operatori sul campo, consulenti, esperti fundraiser e appassionati del mondo del non profit, e associata a Legacoop nel Lazio.
Come si configura il fundraising in Italia?
Il fundraising è visto in Italia come una misura integrativa di finanziamento dei progetti sociali in quanto siamo in presenza di uno Stato sociale con forti stanziamenti ma non in grado di soddisfare tutti i bisogni in campo, come accade, ad esempio, per i tanti progetti dedicati al Dopo di Noi da finanziare. C’è però una forte spinta a raccogliere fondi da privati, aziende e fondazioni, anche in assenza di stanziamenti pubblici significativi: perciò il fundraising è visto come misura significativa a prescindere da stanziamenti pubblici e crea una economia autonoma. L’ideale per noi della Scuola di FundRaising di Roma è la concomitanza di stanziamenti di fondi pubblici e privati, ove sia possibile, per rendere sostenibile un progetto sociale. Il fundraising si colloca così in stretta collaborazione con la governance di un ente non profit e in rapporto stretto con tutti i servizi dell’ente per poter dare valore alle relazioni che l’ente ha in campo. Perciò il fundraising è un servizio come gli altri e per questo devono essere previsti tempi di lavoro per raggiungere risultati apprezzabili.
Parliamo di fundraising oggi, tra esigenza di garantire trasparenza e grandi opportunità di raccogliere fondi rapidamente. Come lo si può fare, nel concreto?
Garantire trasparenza nella raccolta fondi è il primo obiettivo di ogni buon fundraiser. Come farlo? Attraverso una rendicontazione puntuale di come viene acquisito e speso il danaro raccolto, una serie di strumenti di raccolta tracciabili (donazioni on line con carta di credito e attraverso bonifico bancario, verifica dei Commissariati sulla esistenza delle Onlus nel caso di raccolta di contanti con contenitori negli esercizi commerciali) e una narrazione dell’avanzamento dei progetti scelti, creando una corrispondenza tra donazione e un concreto obiettivo, per dare al donatore chiarezza su cosa finanzi. Oggi i donatori sono garantiti anche attraverso un meccanismo che tende a renderli partners di lunga durata attraverso donazioni ricorrenti e informazioni sullo stato dei lavori da svolgere. In ogni progetto di consulenza strategica per la raccolta fondi, redatto dalla Scuola di Roma, c’è una fase che si chiama “Fundraising subito” che consente, dopo una breve lettura della mission e delle relazioni della organizzazione non profit nel breve periodo di mettere in moto alcune azioni di raccolta e di effettuare test per trasformare contatti in possibili donatori. Questo consente alla organizzazione di raccogliere le prime risorse economiche e di non esporsi troppo sul lato costi.
Case studies ed esperienze di maggiore interesse nel Lazio e in Italia.
I casi di maggior interesse per la loro relativa “normalità” nel Lazio e in Italia che riguardano progetti di carattere sociale sono di organizzazioni quali la Cooperativa Spes contra Spem di Roma, cooperativa sociale all’avanguardia con il loro progetto di Case famiglia per disabili che ha attivato un Comitato di raccolta fondi tra imprenditori, benestanti e soggetti molto coinvolti e interessati al progetto di ristrutturazione degli immobili nel quartiere Talenti per renderli disponibili per il Dopo di Noi di persone disabili. La stessa campagna per la nascita della Casa del Sole della cooperativa Cecilia per disabili, partita da un lascito testamentario con il supporto di un auto finanziamento della cooperativa e una massiccia raccolta fondi con oltre 200.000 euro raccolti, è stato un successo anche se con molte difficoltà dovute ad un modello democratico di autocostruzione nuovo per l’Ente pubblico e per le famiglie delle persone disabili coinvolte.
La cooperativa Killia di Selargius, che ha già coinvolto nel proprio progetto di creare una casa famiglia per bambini disabili orfani già l’intero territorio di Cagliari con raccolta fondi attraverso eventi, lotterie di beneficienza, tornei di tennis, raccolta presso le farmacie della provincia, etc… Tutti questi progetti sono stati possibili attraverso la presa di coscienza delle cooperative che non hanno visto la raccolta fondi come un atto magico ma un serio lavoro di personale competente.
Il movimento cooperativo e il fundraising: ha avuto grande successo anche la raccolta fondi per l’Emilia. Quali potenzialità hanno le strutture organizzative cooperative nel fare fundraising?
La cultura del fundraising nella cooperazione sociale per il momento è una modalità residuale rispetto al lavoro di acquisizione di fondi da finanziamenti pubblici che comunque sono utilissimi anche in presenza di una campagna di raccolta fondi. Oggi sembra meno complesso iniziare un percorso di formazione e consulenza per la cooperazione sociale: ne abbiamo sentore nei lavori svolti con COOSS Marche, una cooperativa con più di duemila soci e nella grande raccolta fondi per l’alluvione in Emilia Romagna in cui tutte le cooperative hanno sostenuto con un contributo la campagna. Quando la cooperazione sociale entrerà pienamente nel mercato della raccolta fondi sarà subito leader per la sostanza che esprime a vari livelli: la propria storia, gli assetti organizzativi aziendali, la maggiore solidità economica rispetto ad altre forme organizzative, la ricchezza delle relazioni create nel tempo con persone, aziende, professionisti, e per il proprio capitale umano di soci.