MILANO – “L’Europa può imparare molto dall’idea di cooperativa: un concetto che non pone gli uni contro gli altri ma che fa lavorare insieme condividendo basi comuni, a partire dall’equità. Per questo le cooperative si sono dimostrate più resistenti alla crisi. Il vostro modello economico è affascinante. Talvolta viene definito antiquato, in realtà è modernissimo”. A dirlo è stato il presidente del Parlamento europeo Martin Schultz, protagonista dell’incontro organizzato venerdì scorso da Legacoop al Circolo della Stampa di Milano. Il futuro dell’Ue, il ruolo della cooperazione e la necessità di coesione politica per favorire sviluppo, occupazione ed equità sociale sono stati al centro della discussione a cui hanno partecipato anche il presidente di Legacoop nazionale Giuliano Poletti e il sottosegretario al ministero degli Affari esteri Marta Dassù. Il confronto, aperto dal presidente di Legacoop Lombardia Luca Bernareggi e dall’assessore al Comune di Milano Cristina Tajani, è stato moderato dall’inviato del Corriere della Sera Dario di Vico. “L’Europa si è molto preoccupata di porre la concorrenza come regola generale. Ma ci serve anche un’Ue che sappia immaginare un’economia più sociale e solidale”, ha affermato Giuliano Poletti chiarendo il senso dell’iniziativa. “Un’istituzione amica, che non scrive regole nell’aria o regole che rispettano altre regole, ma che si riflettono nella vita della gente”. Legacoop punta a valorizzare anche a livello europeo le forme di organizzazione di cittadini che, come la cooperazione, consentono la tenuta sociale e fanno convivere le differenze: “Il protagonismo dei cittadini è un’energia positiva, ma serve un sistema capace di valorizzarla”. Su questi temi l’associazione invita ad aprire un momento di riflessione, a partire da una serie di proposte (vedi box) su cui Legacoop chiede al Parlamento europeo un sostegno perché diventino impegni nell’agenda comunitaria.
Poletti. La giustizia sociale questione cenhtrale
“Siamo nel mezzo della crisi più profonda mai avuta”, ha dichiarato Schultz. “Una crisi economica e di fiducia”. Tracollo che si riflette su due fronti, quello dei mercati “che non credono in una crescita sostenibile” e quello dei cittadini “che non credono nei propri stati e nemmeno nell’Ue, prospettando una crisi della coesione sociale”. Secondo Giuliano Poletti c’è però spazio di manovra: “C’è ancora un deposito di valore che può essere usato, ma l’Europa deve ripartire dalla grande diversità di condizione sociale, anche fra i cittadini europei stessi”, ha affermato il presidente di Legacoop. La giustizia sociale emerge così come questione centrale. Schultz lo spiega con un aneddoto: “Sono stato ad Atene e ho visto persone qualificatissime cercare cibo tra i rifiuti. Contemporaneamente a Berlino sono cittadini greci ricchissimi ad acquistare gli immobili più cari. Se la situazione non cambia la perdita di fiducia peggiorerà”. Al primo posto delle preoccupazioni di Schultz c’è il lavoro: “A Madrid mi sono confrontato con i giovani, alcuni addirittura plurilaureati eppure senza lavoro. Una ragazza di 26 anni, con doppia laurea e disoccupata, mi ha detto: avete 700 miliardi di euro per salvare le banche, ma quanti euro avete per me? Stiamo perdendo una generazione intera nel nostro continente. La ricchezza è mal distribuita, sia tra gli stati che tra la popolazione di uno stesso stato”. A fare la differenza è proprio il nodo della disoccupazione giovanile: “La ragione di vita dei miei genitori era che noi figli avessimo una vita migliore della loro e per questo i tedeschi, dopo due guerre mondiali e di nuovo in una situazione economica difficile, sono stati disposti a sacrificare tutto”, ha ricordato Martin Schultz. “Il risultato è che io sto meglio di come i miei genitori siano mai stati in vita loro. Ripensando a questo, credo che abbiate tutti la mia stessa sensazione: se lo stato ci chiedesse di pagare più tasse ma con la garanzia che per i nostri figli ci sarà più lavoro, credo che saremmo tutti d’accordo. E i giovani ritroverebbero fiducia nella nostra generazione. È questo quello che dobbiamo assolutamente fare”. Uniti nei valori e nei diritti Secondo grande tema economico europeo è quello della concorrenza sul mercato globale, concorrenza che l’Europa soffre poiché si trova a dover competere con aree del mondo in cui la produzione costa meno. Secondo Schultz quando si affronta questo argomento ci si dimentica del motivo che sta alla base di questa differenza di costo: “In altri paesi – ha ricordato – è così perché non vi sono sindacati, né diritto alla sciopero, perché le donne lavorano 16 ore al giorno per guadagnare un dollaro in fabbriche senza uscite di sicurezza, dove non esiste il rispetto dell’ambiente e si sfruttano risorse naturali senza tutelarle. Che peso vogliamo dare dunque ai nostri valori?”. Da qui la tesi di Schultz: in un mondo globalizzato, se la sfida è tra chi ha standard più bassi di tipo economico, sociale e di diritti umani, a perdere saranno le democrazie. “Per questo gli stati che si basano sui valori che abbiamo richiamato si devono unire”. Ventisette stati, 500 milioni di abitanti e l’economia più ricca del mondo. Ecco cosa significa Unione europea, ha ricordato: “Un’Europa che ha la forza di dire: chi vuole fare affari con noi deve rispettare i nostri valori. Per questo Germania, Italia e gli altri Paesi devono riflettere bene se affrontare la concorrenza globale uniti o da soli. La realtà è che i nostri singoli stati, isolati, non potranno difendersi”. Ma proprio quando l’integrazione europea serve di più, questa è messa in pericolo dalla perdita di consenso delle democrazie, oggi al livello più basso della nostra storia: “Ed è così che populisti di ogni colore si diffondono ovunque. Ma fare campagna elettorale anti-Germania o anti-Francia che utilità ha? Non crea posti di lavoro in più”. Tra i problemi da affrontare c’è quello, enorme, del credito alle Pmi: “Le piccole e medie imprese sono quelle che creano la maggior parte dei posti di lavoro. Gli imprenditori con cui parlo – ha proseguito – hanno buone idee da realizzare: investimenti nelle rinnovabili, ricerca, infrastrutture. Ma tutti trovano lo stesso ostacolo, l’accesso al credito. Ecco perché è così importante il finanziamento alle imprese”. Superare l’Europa-Frankenstein Del resto, viste le cifre che muove, anche secondo Marta Dassù l’Europa potrebbe essere un’area economica ottimale. Lo svantaggio che la penalizza secondo il sottosegretario è anche nei confronti degli Usa. Tre i motivi per Dassù: “Primo, un euro troppo forte rispetto al dollaro, che danneggia l’industria europea. Secondo, la rivoluzione energetica che l’America sta vivendo e che la porterà in 10 anni a essere produttore e non importatore di energia, mentre le imprese europee pagano l’energia in media il 30% in più. Infine il controllo delle Ict, dove gli Usa hanno un oggettivo vantaggio”. Per il sottosegretario sarebbero tre le mosse da compiere, a partire da una ulteriore liberalizzazione del mercato interno, in modo più armonizzato e regolato, e l’attivazione di un’area di scambio tra Europa e Usa di cui anche il presidente Napolitano ha parlato. Ma anche un Industrial compact, un grande patto europeo per la crescita industriale. Infine un passo in più verso la federazione, passo che l’Ue non ha ancora avuto il coraggio di fare. È ciò che Martin Schultz chiama Europa-Frankenstein: “È composta da parti, spaventa le persone e non funziona. Vi sono 27 governi nazionali, ognuno dei quali ha giustamente un mandato primario, pensare innanzitutto al proprio paese. Ma la somma di 27 interessi nazionali non crea un plus di interesse europeo. Sembra banale ma è drammatico perché comporta una contraddizione nel nostro spazio economico comune”. Un problema di diritto costituzionale che si risolverà solo con “una costituzione transnazionale, con un governo europeo espresso da un parlamento europeo. Se abbiamo l’area economica più ricca del mondo ma ci sono 20 milioni di persone senza lavoro serve qualcuno a cui chiedere il perché”. È il grande tema della responsabilità: “Se non possiamo identificare la responsabilità si distrugge la democrazia. Per farlo però bisogna limitare le competenze e ciò che il singolo stato non può più fare, su precisi temi, va fatto a livello transnazionale”. Un’Europa più unita e più forte è proprio l’auspicio di Giuliano Poletti: “Per riuscirci – ha detto – noi siamo convinti di avere qualche idea. Guardate ciò che è stato fatto: oltre 5 milioni di persone che lavorano nelle cooperative in Europa. Milioni di persone che usano servizi organizzati in comune. Ma per mettere in pratica queste idee in Europa deve affermarsi un concetto: oltre al rating economico serve anche un rating sociale”. Cooperazione, valore aggiunto per l’Europa: va interpellata e ascoltata Da Legacoop tre proposte per pesare di più nelle scelte dell’Ue Riconoscere il contributo delle cooperative alle politiche e agli obiettivi socio-economici dell’Unione europea attraverso atti concreti. Legacoop chiede un sostegno al Parlamento europeo perché le sue proposte diventino punti didiscussione e di impegno nell’agenda comunitaria del prossimo futuro. “Le cooperative – sottolinea Poletti – sono attori riconosciuti e legittimi dell’Ue, si iscrivono a pieno titolo nella Strategia Ue 2020 e contribuiscono efficacemente agli obiettivi fissati. Chiediamo che il Parlamento europeo ci sostenga, presso le Istituzioni comunitarie, per far sì che il peso socio-economico delle cooperative e il loro valore aggiunto alla costruzione dell’Europa venga riconosciuto di più e meglio, con atti concreti”. Prima proposta, una nuova comunicazione sulle cooperative, che aggiorni e renda operativi gli impegni assunti con quella del 2004 o, meglio ancora, varando un Cooperative Business Act, sul modello dello Small Business Act o della Social Business Initiative. Richiesta che poggia sulla considerazione del peso economico e sociale delle cooperative che in Europa sono 160mila, con 123 milioni di soci, e danno lavoro a oltre 5 milioni e mezzo di persone. La seconda richiesta è l’inserimento a pieno titolo delle cooperative nel piano di azioni per l’imprenditoria 2020 presentato un mese fa dal commissario Tajani. “Pur apprezzando una serie di misure contenute nella comunicazione della Commissione ci sembra singolare che in un piano mirato a sostenere le imprese si faccia riferimento in termini generali all’imprenditoria sociale e non vengano citate le cooperative e il mondo dell’economia sociale e solidale, che hanno dimostrato buone capacità di resistenza alla crisi e tutelato, e in molti casi accresciuto, l’occupazione”. Legacoop inoltre ritiene importante che si realizzi un reale “mainstreaming cooperativo” in tutte le politiche comunitarie e presso tutte le istituzioni comunitarie, a fronte del fatto che la cooperazione opera in tutti i settori e abbraccia tutti gli ambiti più diversi di attività, che è un importante attore della società e delle economie degli Stati membri e per il suo contributo al raggiungimento degli obiettivi socio-economici dell’Unione. “La cooperazione – conclude Poletti – ha diritto a essere interpellata e ascoltata: l’opinione dei cooperatori deve essere tenuta in considerazione nell’elaborazione delle macro-politiche europee. Auspichiamo una più stretta collaborazione tra Parlamento europeo, il suo Intergruppo per l’Economia sociale e l’organizzazione di rappresentanza multisettoriale europea Cooperatives Europe, affinché la voce della cooperazione trovi maggiore ascolto e la giusta attenzione tra gli interlocutori e i decisori politici europei”.