Dalla pagina Facebook di Virginia Raggi – Post del 27 aprile 2018:
“Maggiore qualità, aumento delle iscrizioni e abbattimento dei costi. Sono le tre importanti novità che stanno coinvolgendo gli asili nido della nostra città. L’impianto di riforma che abbiamo avviato circa un anno fa sta garantendo benefici e miglioramenti nella vita di tante famiglie. I numeri parlano chiaro. I posti vacanti mostrano una diminuzione e passano da 1.114 del 2016-17 ai 593 di quest’anno…”
Gentile sindaca Raggi,
abbiamo letto il suo post in merito agli asili nido e vogliamo proporle alcune riflessioni.
“Aumento delle iscrizioni”
É un dato che a noi non risulta visto che a fine settembre 2017 le domande di iscrizione sono state 14.7761 (D.D. n.2371 del 4 ottobre 2017, bando aggiuntivo per l’iscrizione agli asili nido di Roma Capitale a.e. 2017-2018): 434 in meno rispetto al 2016 e ben 4.725 in meno rispetto a quattro anni fa. Le domande si sono quindi ridotte del 22% in tre anni. Si potrebbe pensare che il tasso di natalità possa aver influito ma, in realtà, dal 2014 al 2016 le nascite sono diminuite solo del 4,5%, quindi il calo delle iscrizioni non è proporzionale alla riduzione delle nascite.
“Abbattimento dei costi”
Sicuramente è vero che si è avuto un abbattimento contabile dei costi derivante dal minor utilizzo ai nidi convenzionati che vengono pagati a bambino. Ma quali costi sociali ed economici questo risparmio determina? Facciamo solo una breve sintesi dei principali effetti collaterali. Il minor utilizzo ai nidi convenzionati sta comportando la chiusura di esperienze di imprenditoria sociale a prevalenza femminile consolidate e apprezzate dalle famiglie. Esperienze che dal 2003 hanno contribuito allo sviluppo socioeconomico dei territori e ad aumentare il PIL di questa città, incrementando il gettito fiscale.
Si tratta di esperienze diffuse sul territorio che oltre ad aver contribuito ad offrire opportunità educative ai bambini, hanno dato sostegno ai genitori per conciliare i tempi di cura e di lavoro, fino a diventare dei veri e propri punti di riferimento territoriali a supporto della genitorialità.
Esperienze che hanno contrastato il fenomeno in crescita della povertà educativa e che rappresentano dei presidi sociali, veri e propri luoghi che favoriscono il benessere per le comunità locali in cui nascono, in quanto creano occasioni di socialità e confronto.
Perciò “l’abbattimento dei costi” dichiarato è solo apparente se si considerano i costi per “riparare” i danni che si generano.
La chiusura dei nidi convenzionati comporta il licenziamento di lavoratrici (spesso mamme a loro volta), con costi indiretti derivanti dal pagamento della Naspi e costi sociali in termini di sofferenza, insicurezza e dignità del lavoro. Stiamo parlando di donne, di mamme, del loro lavoro. Un lavoro che a sua volta consente ad altre donne di andare a lavorare. Un lavoro che si prende cura di un bene prezioso: le bambine ed i bambini. Una sorta di spirale positiva, una delle poche in questa città, davvero vogliamo distruggerla? Nel 2017 è stato registrato un nuovo record di donne occupate in Italia: 48%. La media europea è del 65,3%. Davvero vogliamo contribuire all’abbassamento di questa fragile percentuale? Qual è il vantaggio per il bene comune?
Infine un’ultima osservazione sulla dichiarazione di “Maggiore qualità”.
Lo smantellamento del sistema formativo congiunto e del gemellaggio tra coordinatori educativi dei servizi pubblici/privati che ha permesso negli anni il raccordo e lo scambio di esperienze con la ricaduta di accrescere la qualità in tutti i servizi, risulta essere un elemento fortemente penalizzante per la qualità offerta.
Un’Amministrazione pubblica amica delle bambine e dei bambini e delle donne dovrebbe puntare al miglioramento dell’accessibilità per le famiglie, che con la limitazione della libertà di scelta invece peggiora drasticamente.
Nella “Indagine sulla qualità della vita e dei servizi pubblici locali a Roma”, redatta dagli stessi Uffici di Roma Capitale nel luglio 2017, vengono evidenziati due dati molto interessanti:
– più del 76% del campione dice di non conoscere il servizio asilo nido
– la maggiore criticità riscontrata dagli utilizzatori del servizio riguarda l’Accessibilità (25,9%).
L’accessibilità rappresenta quindi un elemento critico di profonda rilevanza.
La decisione delle famiglie di aderire al servizio e l’individuazione della struttura da frequentare è una scelta complessa che risulta dalla sintesi di molti fattori: il nido non rappresenta un servizio qualsiasi ma è, principalmente, un luogo di relazioni. Il vero successo non è ridurre i posti vacanti nei nidi a gestione diretta, che quest’anno sarebbero “solo” 593, perché comunque rimane il dato che gli iscritti totali al nido risultano ancora inferiori ai posti messi a disposizione, e la persistente sia pur ridotta permanenza di posti vacanti nei nidi comunali produce comunque, uno sperpero di spesa pubblica nei nidi a gestione diretta. Prendendo in considerazione anche i nidi comunali a gestione indiretta, i posti vacanti sono un’enormità: ad ottobre 2017 restavano complessivamente 2.349 posti vacanti su poco meno di 22.000, stiamo parlando del 14%. Il vero successo sarebbe quello di invertire la rotta e puntare a politiche in grado di aumentare le domande, visto che i bambini iscritti all’anagrafe 0-3 anni nel 2017 sono circa 69.000 mentre gli scritti al nido sono solo 14.776. Praticando politiche che limitano l’offerta e la libertà di scelta delle famiglie si ottiene un effetto sempre più negativo di riduzione della domanda, in quanto dal punto di vista economico il nido non è considerato un “bene di prima necessità”. La domanda del servizio è estremamente variabile (in termini economici si definisce elastica) rispetto alle condizioni dell’offerta. Più aumenta il prezzo e/o l’offerta si riduce in termini di opzioni, più la domanda si riduce e/o si orienta verso strutture (spesso abusive) più flessibili, che praticano prezzi “stracciati” e che non sono in grado di rispondere ad alcun criterio qualitativo.
É necessario riprendere un dialogo e un confronto per monitorare i servizi sull’intero territorio cittadino, avviare politiche di promozione della cultura del nido in quanto esperienza al servizio dei bambini quali piccoli cittadini dell’oggi, per permettere loro opportunità di crescita e benessere che solo in servizi di eccellente qualità è possibile realizzare. Occorre promuovere la funzione educativa del nido e sostenere la funzione sociale di conciliazione dei tempi delle famiglie attraverso una differenziazione dell’offerta, degli orari e delle modalità di fruizione. Infine, ci permetta di esprimere il nostro dispiacere nel constatare che proprio un Sindaco donna fa scelte con ricadute così negative su tutta la società ed in primo luogo sulle donne e sui bambini, e comunica tutto ciò come un successo.
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