Rapporto Coop 2012 “Consumi e distribuzione”: Il 2012 l’anno peggiore dal dopoguerra per le famiglie italiane

Roma, 7 settembre 2012 – È stato presentato il 6 settembre, a Milano, il Rapporto Coop 2012 “Consumi e distribuzione”, scaricabile dal sito www.e-coop.it, redatto dall’ Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di Ref. Ricerche e il supporto d’analisi di Nielsen. Il Rapporto, quest’anno per la prima volta in versione e-book interattiva, illustrato da Enrico Migliavacca, vicepresidente vicario Ancc-Coop e da Vincenzo Tassinari presidente del Consiglio di Gestione di Coop Italia, fotografa lo stato di salute dei consumi nel nostro Paese inserito in un contesto europeo e internazionale e i cambiamenti apportati dalle famiglie ai loro comportamenti d’acquisto.

I peggiori e i più infelici in Europa 
Il 2012 rappresenta per le famiglie italiane un momento difficilissimo, il peggiore dal dopoguerra e il quadro purtroppo non sembra destinato a mutare. Almeno a breve. Se è vero infatti che l’impatto complessivo delle manovre varate a distanza ravvicinata dal Governo tecnico di Monti e dal suo precedente, in maniera diretta e indiretta, già squilibra in senso negativo i conti delle famiglie sfiorando i 3.000 euro, è altrettanto vero che ancora nel 2014 l’ondata complessiva delle manovre raggiungerà il tetto di 4.000 euro a famiglia. La stretta fiscale da un lato e la recessione dall’altro rappresentano un binomio micidiale per far quadrare i bilanci e di conseguenza non si può ipotizzare una ripresa della capacità di spesa prima del 2014. In Italia non c’è molto da ridere come del resto in tutta Europa (dove lo scenario di crisi oramai sfiora anche la solida Germania), ma da noi sicuramente si soffre di più. Infatti negli ultimi anni la forbice fra i redditi delle famiglie europee è tornata a aprirsi con Francia e Germania che hanno incrementato le distanze rispetto a Italia e Spagna. Così se nel 2007 il reddito procapite degli italiani era pari al 91% di quello tedesco, nel 2011 siamo scesi all’84% e l’andamento dei redditi rispecchia inevitabilmente la perdita di posizioni del nostro Paese in termini di sviluppo.  D’altro canto per cercare di mantenere inalterati o cambiare di poco i livelli di consumo, gli italiani hanno fatto registrare dal 2008 all’anno scorso una caduta del tasso di risparmio che rappresenta un caso unico nel panorama internazionale e spazza via l’immagine di Italia paese di risparmiatori. Il 25% delle famiglie è costretto a indebitarsi pur di andare avanti. E malgrado questo il 63% delle famiglie italiane (sei su 10 in difficoltà a arrivare a fine mese) dichiara di essere in difficoltà economica.
Che poi il sentiment degli italiani e degli europei volga ormai decisamente al peggio anche per gli anni a venire lo rivela anche il fatto che solo il 17% degli europei (il 18% degli italiani fino a arrivare al 10 dei tedeschi e al 5 dei francesi) è convinto che la prossima generazione avrà una vita migliore della nostra. E spostando l’attenzione sul versante del lavoro, la percezione sulla possibilità di trovarne uno nuovo nel caso si perda quello vecchio è molto diversa da Paese a Paese. Se il 46% degli occupati Ue ritiene probabile poter trovare un nuovo lavoro entro sei mesi dalla perdita del precedente (in Germania l’asticella sale al 57%), in Italia crede a questa eventualità solo un quinto degli occupati (pari al 24%), persino peggio della Spagna che pure presenta un tasso di disoccupazione di gran lunga più alto di quello italiano. Gli italiani a conti fatti non sono più un popolo gaudente come qualche anno fa e sono appena soddisfatti del loro benessere (danno un giudizio appena sufficiente alla loro felicità 6,1, nel 2007 era pari a 7). L’Italia è il paese meno felice tra i grandi paesi europei (Francia 7, Germania 6,7, Regno Unito 6,9, persino Spagna 6,5) .
Le difficoltà economiche dovute alla crisi sono certamente alla base di questo peggioramento. Ma la crisi non giustifica tutto: paesi molto meno ricchi dell’Italia (Slovenia, Repubblica Ceca tra gli altri) hanno livelli di felicità percepita più alta di quella del nostro paese. I divari sociali, l’età che avanza, l’assenza di figli, frenano la percezione di benessere delle persone. Nonostante le difficoltà, ad esempio, sono i giovani ad essere quelli più felici tra gli italiani. E le famiglie con figli minori.In generale, è forse l’assenza di un futuro condiviso del Paese che ingrigisce gli umori degli italiani e ne limita la felicità. Basti dire che anche le famiglie più ricche non dichiarano un livello di felicità di molto superiore a quello delle famiglie povere.

Il Paese delle differenze
L’Italia è invece sempre più un paese spaccato a metà dove i divari sociali, ma anche di genere, di età, territoriali si acuiscono. Ed è anche per questo un Paese in difficoltà se è vero che le disuguaglianze, i privilegi e le posizioni di rendita costituiscono freni per la ripartenza. Un decimo degli italiani detiene quasi metà della ricchezza del Paese (esattamente il 46% pari a circa 8 volte il reddito disponibile e rappresentata prevalentemente da abitazioni) e convive con il 30% più povero che si accontenta dell’1% della ricchezza netta totale. Da un lato ci sono i giovani su cui si scaricano i costi della crisi sintetizzata da un tasso di disoccupazione che oramai supera il 30% ed è in continua crescita a fronte di un manipolo di lavoratori più anziani e più tutelati. E il sud si distacca sempre più dal nord. Nel Meridione sono basso spendenti 4 famiglie su 10 e spostandosi lungo lo stivale la spesa media fa registrare uno scarto di circa il 20% tra nord e centro per raggiungere il picco del 33% fra nord e sud e isole (in termini monetari la spesa media sfiora i 2500 euro al mese al nord e arriva a fatica ai 1600 al sud).

Gli italiani sul divano di casa, eterni Peter Pan
Se con un’immagine si dovesse fotografare l’italiano di oggi bisognerebbe immortalarlo sul divano di casa propria dove, forse anche  per ammortizzare il forte incremento dei costi della casa cresciuti negli ultimi 5 anni del 5% (al netto dell’inflazione), si consola con le nuove tv a schermo piatto comprate negli ultimi anni (benché anche queste vendite siano in calo nell’ultimo anno) approfittando dell’offerta della payperview e delle nuove proposte tematiche (gratuite) del digitale terrestre (l’audience televisiva cresce del 12% in 2 anni). Diminuiscono infatti le serate al cinema (-16% gli spettatori nel primo semestre) e a teatro.

Gli acrobati della spesa
In questa generale rivisitazione del proprio modello di consumo, a essere sacrificate sono dunque le  voci di spesa più grandi e quelle dove i prezzi crescevano con più rapidità. Tra queste anche l’auto. Nel 2012 saranno immatricolate circa 1,4 milioni di nuove auto, oltre un milione di meno di quelle comprate dagli italiani nel 2007 prima dell’inizio della crisi.
Si risparmia su tutto anche nella triade che un tempo caratterizzava  la fisionomia dell’italiano medio se paragonato ai vicini d’oltralpe: auto (di cui abbiamo detto), abbigliamento, cibo. L’immagine dell’italiano ben vestito e bel calzato vien meno (a parte il biennio 2006-2007 negli ultimi dieci anni la variazione è sempre stata negativa), così come il mito dell’italiano gourmet che ama mangiare fuori casa inizia a traballare, e a crescere nella ristorazione è solo il take away.
Peraltro, oggi le strategie di risparmio come il fare la spesa più frequentemente per non creare troppe riserve, il ricorso alla privale label e alla promozione non bastano più (anche se nell’anno in corso grazie alle strategie di risparmio e a parità di volumi acquistati gli italiani hanno risparmiato un milione di euro); si è come dire raschiato il barile ed è arrivato il tempo della rinuncia vera e propria tanto che per la prima volta si assiste a una contrazione reale degli acquisti (-1,4% a volume nella gdo nei primi sei mesi del 2012).

Gli andamenti di Coop e le previsioni per il 2013
“Coop con i suoi 7 milioni e 700.000 soci e i 12 milioni di consumatori abituali non può non risentire della generale crisi economica, ma nonostante il contesto fortemente sfavorevole, segna, nei primi 8 mesi del 2012, un incremento delle vendite del +1,1% (tenuto conto della dinamica particolarmente critica dei consumi non alimentari) – dichiaraVincenzo Tassinari, presidente Consiglio di Gestione di Coop Italia- e ipotizziamo comunque di chiudere l’anno con vendite pari a 13,2 miliardi di euro. Un dato non scontato perché il mercato presenta andamenti ancora molto critici, in particolare al sud Italia (-5% il trend a volumi). In realtà è tutta l’Europa a registrare un peggioramento a dimostrazione di come si faccia sentire la mancanza di un vero governo delle politiche economiche e monetarie europee finalizzato alla ripresa economica e dei consumi. Cosa ancora più preoccupante se guardiamo al prossimo anno. Le previsioni Coop parlano chiaro: i consumi di beni alimentari e non  continueranno a flettere ( 2013 vs 2012: -0.9 food e – 3,0 non food), su una base 2012 già in significativa contrazione ( 2012 vs 2011 -1.5 food e – 5,9 non food la stima di chiusura fine anno).
Cogliamo le avvisaglie di una nuova tempesta in arrivo che  farà ritornare l’inflazione ai livelli del 2007/2008. Già assistiamo a una decisa richiesta di crescita dei prezzi  alimentari, ciò a causa degli aumenti  in essere di materie prime di rilievo quali cereali (i rincari in questo settore sfiorano il 50%), latticini, petrolio che impatteranno pesantemente sui costi  di produzione industriali e zootecnici (le richieste di aumento dei listini che stanno pervenendo raggiungono il 4,9%). Queste richieste ricadrtanno sulle famniglie italiane per un aggravio pari a circ a400 eurioo  famiglia sommmandisi alle manovre in corso e proivocherranoi contraccolpi sull a distribuzione moderna che in questi anni di crisi ha assorbito gran parte dell’inflazione, cercando di venire incontro ad un consumatore sempre più bisognoso a contenere la propria spesa(fissando a 100 il livello dei prezzi nel 2000, Coop negli ultimi 11 anni ha fatto risparmiare ai consumatori italiani 14 punti percentuali -indice Istat pari a 132 e indice Coop fermo a 118).
La situazione che si presenta nel 2013 dunque può diventare insostenibile. Occorre tenere di conto che negli ultimi anni la redditività del settore distributivo è peggiorata e  i recenti provvedimenti normativi (art.62) relativi ai rapporti contrattuali tra industria e distribuzione aggraveranno la situazione. Si paventa uno scenario di severa selezione delle imprese distributive non esenti da rischi di chiusura con conseguenti impatti negativi sugli investimenti,  tenuto conto che gli investimenti della distribuzione moderna sono di circa 3,5 miliardi di euro all’anno, e sull’occupazione”.
“Calano i consumi e al tempo stesso si modificano strutturalmente anche gli stili di vita delle persone –continua Tassinari- In un tale scenario è indispensabile una nuova progettualità nei rapporti fra i diversi attori della filiera e come leader della distribuzione moderna ci rivolgiamo alla grande industria a cui proponiamo relazioni più innovative, più trasparenti, semplificate e corrispondenti a criteri di rispetto della reciprocità, ma anche di compartecipazione alla difesa del potere d’acquisto delle famiglie. Mentre  con il mondo agricolo vogliamo continuare nel 2013 sul solco della collaborazione già avviata con nuove importanti esperienze per una filiera che garantisca prodotti 100% italiani di qualità, con un prezzo equo per il cliente finale e una giusta remunerazione del lavoro di tutti gli operatori. Inderogabile un patto anti-inflazione concordato tra Governo e imprese dell’industria e della distribuzione che ha lo scopo di neutralizzare in tutto e almeno in parte i rincari incombenti e che aiuti i 20 milioni di famiglie italiane a reddito medio basso e medio maggiormente colpite. Al tempo stesso occorre un impegno congiunto del sistema imprenditoriale (industria e distribuzione) nel cambiare vecchi modelli e cattive pratiche nell’interesse del consumatore. Noi di Coop continuiamo ad essere in prima linea a fianco dei consumatori e con coraggio, visti i tempi, confermiamo i nostri investimenti e il nostro piano di sviluppo (400 milioni di euro di investimento per l’apertura di 72 nuovi punti vendita nel triennio 2012/2014)”.

fonte: Legacoop